Un mondiale di atletica da ricordare, questo del 2023. L’Italia che corre, salta e lancia, arrivata in Ungheria con un folto contingente, ha confermato la grande crescita del movimento. Chi ricorda i cinque ori di Tokio potrebbe obiettare che in un passato recente abbiamo saputo far molto meglio, ma quei Giochi resteranno un unicum non ripetibile. In Giappone tutte le caselle andarono ad incastrarsi nel migliore dei modi, quasi per magia. Avevamo 5 opportunità di medaglia e tutte sfociarono nella conquista del massimo traguardo.
Per un normale calcolo di probabilità può andare così una volta su cento. Anche a Budapest avevamo almeno 7-8 opportunità di salire sul podio e ne abbiamo tradotte in atto 4: oro nell’alto col meraviglioso Gianmarco Tamberi, argento nel peso per Fabbri, dietro la leggenda Crouser, argento per la staffetta veloce dietro gli imbattibili velocisti Usa e bronzo per la rediviva Antonella Palmisano, reduce da malanni che avrebbero indotto alla resa chiunque altro.

Ai piedi del podio la splendida staffetta 4×100 donne e un quinto posto comunque prestigioso per la ventenne Larissa Iapichino, i cui tre successi in Diamond League avevano autorizzato speranze ancor più consistenti. Poi ancora altri 7 piazzamenti negli otto, utili per far punti nella speciale classifica per nazioni, ed altri 9 finalisti piazzatisi dopo l’ottava posizione. Una risposta di squadra convincente, come testimoniano anche i molti primati personali arrivati proprio nella rassegna più importante.
I MEDAGLIATI
Per Gimbo Tamberi cominciano a scarseggiare gli aggettivi. Il solo italiano capace di vincere Olimpiadi, Mondiali ed Europei dopo Alberto Cova ha completato una rinascita che pochi ritenevano possibile dopo il grave infortunio del 2016. Miracolo della volontà, dell’estro, di un talento sopraffino. Fuori da ogni schema: la mezza barba, la batteria suonata durante la gara, il suo rapporto simbiotico col pubblico di ogni angolo del mondo sono i pezzi di un mosaico di gloria e di sorrisi.
Il divorzio dal papà allenatore, scelta forte, rischiosa, premiante. Gimbo ha messo tutto in quel salto a 2,36: la rabbia, la voglia, la fantasia. Ora è leggenda, ma non è ancora appagato perché Parigi è dietro l’angolo e in bacheca c’è posto per l’ennesima medaglia. Leonardo Fabbri per gli amici è Fabbrino, soprannome ingannevole perché lui è un ragazzone che scaglia una sfera di 7 chili oltre i 22 metri. In analogia con Tamberi, ha preso la qualificazione per i capelli, con un dodicesimo posto che lasciava presagire una finale in salita.

Invece, in un insolito cambio di testimone con Weir, performante in qualifica e deludente in finale, Fabbri ha fatto il massimo, mettendo in fila tutti meno Crouser, il colosso che lancia nel futuro. Americani, o per meglio dire statunitensi, sono anche i quattro velocisti che hanno negato alla nostra staffetta la gioia più grande. Se c’è un argento che luccica come l’oro, è questo di Rigali, Jacobs, Patta e Tortu. Per tre quarti sono gli olimpionici di Tokio. Le condizioni non eccelse di Desalu hanno consigliato l’ingresso di Rigali, schierato in prima, con Patta spostato in terza. I rettilinei a Jacobs, l’oro di Tokio nel 100, e a Tortu, il velocista che quando ha in mano il testimone sembra possedere gli stivali delle sette leghe.
Filippo, ultimo frazionista che tiene persino Lyles e stacca giamaicano e inglese come fossero velocisti di seconda schiera. Filippo, risorto dalle ceneri di un 200 sofferto oltre ogni previsione. Argento vivo, quello dei nostri 4 ragazzi jet. Il bronzo della Palmisano è il miracolo di una volontà indomabile. Antonella, oro di Tokio, fino a qualche mese fa faceva fatica a camminare. Però ha deciso di provarci e si è presentata al via senza avere certezza di poter completare la gara: un terzo posto ottenuto così ha valore inestimabile.
GLI ALTRI BIG TRA DELUSIONI E CONFERME
Ben oltre le previsioni sono andate le ragazze della staffetta veloce: una Dosso ritrovata al punto di eguagliare nella gara individuale il primato italiano di Manuela Levorato ha fatto da trascinatrice. L’elegante Dalia Kaddari, che corre in curva in modo mirabile e che nei suoi 200 ha avvicinato personale e record nazionale, ha proseguito degnamente e così Anna Bongiorni e Alessia Pavese hanno completato l’opera degnamente. In semi per la Pavese 9”98 lanciato e il record italiano è stato demolito. Il quarto posto in finale è storico e vale più del bronzo europeo di Monaco.
Bicchiere mezzo pieno per Larissa Iapichino: qualificatasi senza patemi, non ha trovato nel giorno della finale il giusto feeling con la rincorsa e ha sofferto fino a un sesto salto che comunque le è valso 6,82, misura distante solo 9 centimetri dalla medaglia d’argento. La ventenne fiorentina, dopo le tre vittorie su altrettante gare in Diamond League, puntava decisamente a salire sul podio, ma un quinto posto mondiale non può mai essere una bocciatura, semmai uno stimolo a far meglio alla prossima gara importante. Nel 2024 ci saranno gli Europei a Roma e poi le Olimpiadi di Parigi: due occasioni che Larissa non si lascerà sfuggire.
Non è andata bene all’altro baby fenomeno del salto in lungo, il 18enne Furlani, espressosi decisamente al di sotto del proprio potenziale ed escluso dalla finale a 12. Mattia ha vinto le competizioni giovanili nelle quali era il favorito d’obbligo e nella rassegna dei grandi ha segnato il passo: comprensibile, a patto che sappia subito cambiar marcia, perché la mentalità vincente si acquisisce in tenera età.
Sibilio, altro grande della nostra atletica, è stato condizionato da un infortunio che sembrava averne compromesso ogni possibilità di partecipazione. Recuperato in extremis, è arrivato a 4 centesimi da una finale dei 400 hs che avrebbe conquistato se solo fosse stato applicato il regolamento sul passaggio irregolare di una barriera commesso da re Warholm in semifinale. Ha poi contribuito a regalare la finale alla 4×400, senza però poterla disputare. Nella finale del campionato Europeo per nazioni aveva mostrato una condizione che poteva valere una medaglia mondiale, ma poi il malanno fisico lo ha frenato, inevitabilmente, minandone la fiducia.
A quattro centesimi dalla finale è andato anche Marcell Jacobs nei suoi 100. La sensazione è che il campione olimpico stia ritrovando la forma progressivamente. Anche per lui un 2024 pieno di traguardi da tagliare. Ampia sufficienza per Sara Fantini, martellista ormai stabilmente nell’élite mondiale della specialità. Grande mondiale per Ayomide Forolunso, sesta con primato italiano nel giro di pista sugli ostacoli bassi. Stano ha fatto meno di quanto sperassimo e soprattutto di quanto egli stesso sperasse: ritirato nella 20, settimo nella 35. Per il marciatore pugliese, che mai aveva deluso nei grandi appuntamenti, uno stop imprevisto, dal quale ripartire in fretta. Tanti buoni piazzamenti e finali inattese, come quella di Ludovica Cavalli nei 1500, regalano comunque all’Italia certezze in vista di un 2024 scoppiettante.