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Biazzo e i “ragazzi terribili”: perché Unindustria ha bisogno di una rivoluzione

Massimo Pizzuti
Il fondatore di Orienta spa designato all’unanimità per la presidenza 2024-2028. A settembre il voto finale. Della squadra faranno parte Corrado Savoriti (Frosinone), Fausto Bianchi (Latina), Vittorio Celletti (Cassino). La politica non dà risposte ai territori e c’è bisogno di cambiare le alleanze negli enti intermedi: l’ora delle scelte spiazzanti e coraggiose.
Luglio 17, 2024
Giuseppe Biazzo

Il consiglio generale lo ha designato all’unanimità: Giuseppe Biazzo sarà il presidente di Unindustria per il quadriennio 2024-2028. Il 12 settembre presenterà squadra e programma, il 24 settembre verrà eletto dall’assemblea privata dell’associazione che riunisce le realtà di Roma, Latina, Frosinone, Viterbo e Rieti.
Della squadra faranno parte come vicepresidenti e responsabili delle Territoriali, Corrado Savoriti (Frosinone), Fausto Bianchi (Latina), Vittorio Celletti (Cassino). I primi due sono cresciuti nel “vivaio” confindustriale, guidando i giovani e compiendo per intero il cursus honorum. Vittorio Celletti è un manager che ha dimostrato competenza e visione.
Si tratterà di capire l’approccio di Giuseppe Biazzo: fondatore e amministratore di Orienta spa, laureato in Economia, ex paracadutista dei Carabinieri della Tuscania di Livorno. Il curriculum dice che è uno che ha saputo mettersi in gioco, studiando e lavorando, ma pure che ha quel coraggio fisico che non guasta. Il ruolo di Confindustria è cambiato da tempo, da quando è uscita la Fiat. A cascata gli effetti della indubbia perdita di peso politico sono arrivati ovunque. Oggi le sfide da vincere sono quelle dell’energia, delle infrastrutture, della trasformazione digitale, ma anche di nuove alleanze e strategie. Con l’obiettivo di contare davvero, specialmente nei rapporti con la politica.
Se c’è un episodio che fotografa la situazione è quello dell’aprile 2022. Quando Angelo Camilli, nella sua relazione all’assemblea generale dell’associazione degli industriali tenutasi al Teatro dell’Opera a Roma, alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella, disse all’allora Governatore Nicola Zingaretti che bisognava evitare altri casi Catalent di Anagni. L’azienda aveva lasciato la provincia di Frosinone per un’autorizzazione mai arrivata in due anni. Per questo territorio, in un attimo, sfumarono un investimento di 100 milioni di dollari e 100 posti di lavoro di giovani ricercatori. Camilli chiese anche la riperimetrazione del Sin e la bonifica della Valle del Sacco. Zingaretti ascoltò, prese nota, ma non successe nulla. Come mai è successo nulla per quanto riguarda la semplificazione burocratica, le aree complesse, la Zes e tutto il resto.
Come non è successo nulla a Frosinone dove accade che per dar retta alle pulsioni politico-propagandistiche di sedicenti difensori dell’ambiente uffici e istituzioni che dovrebbero istruire e autorizzare insediamenti industriali preferiscono atteggiamenti “struzzeschi”, nascondendo la testa sotto la sabbia e fregandosene di investimenti, posti di lavoro, sviluppo.
È la politica del “buttarla in caciara” applicata a fasi alterne e a seconda delle convenienze che impoverisce il territorio, fa di tutta l’erba un fascio non considerando qualità, tecnologia e investimenti e preferisce un facile “no” ad uno studio accurato, professionale e avanzato delle proposte e dei dossier.
Unindustria oggi sa che se la politica non risponde alle sollecitazioni, allora è preferibile alzare i toni del confronto. Chiedere per non ottenere nulla non può essere un obiettivo. Giuseppe Biazzo non sembra il tipo che porge l’altra guancia. Il Lazio e le sue province hanno bisogno di risposte sulle infrastrutture vere, materiali e immateriali. C’è la necessità di collegamenti che non facciano perdere competitività ad imprese che altrimenti vanno via. Non c’è stato soltanto il caso Catalent. Le aree industriali non possono e non devono rassegnarsi a esercizi di resilienza. La posta in gioco vera è lo sviluppo.
Corrado Savoriti, Fausto Bianchi e Vittorio Celletti, se chiamati a dirigere le sedi di Frosinone, Latina e Cassino, non si limiteranno certamente al compitino. Andranno oltre, mettendo in gioco perfino la politica delle alleanze di Unindustria. Una politica delle alleanze che ha visto l’associazione di categoria indietreggiare diverse volte. Per esempio sul versante della Camera di Commercio di Frosinone-Latina.
La parola d’ordine in ogni tipo di contesto è “cambiamento”. Per farlo è necessario dare fiducia ai “giovani” e a chi non la forza e l’autorevolezza nel sostenere posizioni scomode. Unindustria ora sembra intenzionata a farlo. Recentemente Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, ha detto: “Benissimo le rinnovabili, sappiamo tutti però che le rinnovabili hanno un inizio e una fine. E quindi senza se e senza ma noi dobbiamo sostenere il nucleare”. Coraggio e impopolarità: serve questo. Largo ai giovani dunque, anche e soprattutto nei nostri territori.

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