Sul rinnovo degli incarichi per le coop Karibu e Aid è intervenuto il prefetto di Latina Maurizio Falco. “Perché erano stati rinnovati gli incarichi alle coop Karibu e Aid? Il capitolato definiva in maniera chiara dal 2019 in poi quali fossero i limiti di carattere aritmetico, economico, per arrivare alla rescissione del rapporto. Quello che abbiamo dovuto fare è stato indicare i difetti più gravi riscontrati nelle ispezioni, dando però il tempo ai soggetti di riprendersi. Noi abbiamo sempre seguito i principi del capitolato e la legge”.
Lo ha detto il prefetto di Latina Maurizio Falco, intervistato dalla trasmissione ‘Monitor’ di Lazio Tv, in merito alla vicenda delle coop legate ai familiari del deputato Aboubakar Soumahoro. “Poi, nel giudizio complessivo – ha detto ancora – va considerato l’arrivo degli ucraini, la necessità di offrire posti. Le province devono organizzarsi.
Noi, nel nostro atteggiamento equilibrato, dovevamo considerare anche la necessità di dare il nostro contributo anche senza creare una ‘paura generale’ di ogni collaborazione con lo Stato in questa forma di accoglienza. Altrimenti non saremmo stati in grado di fornire ciò che a livello centrale ci chiedevano come posti”.
Del resto, ha proseguito il prefetto, “la Karibu veniva considerata una sorta di fiore all’occhiello dell’accoglienza, perché nei primi tempi c’era il concetto di ‘accoglienza più integrazione’. Ultimamente però c’è stata una predominanza della mera accoglienza, in attesa di capire quali linee di integrazione sono possibili in questo Paese. Poi c’è stata la pandemia, per cui per due anni non è stato possibile fare ispezioni, anche se noi le abbiamo fatte lo stesso.
E poi la guerra, che ha reso tutto più difficile sotto il profilo economico. Io dico queste cose in chiave di lettura generale, non per fare giustificazionismi. La prima cosa che ha fatto questa Prefettura è stata la trasparenza – ha concluso – aprire le porte alla magistratura perché vedesse le nostre carte, e non interferire”.
LE INDAGINI VANNO AVANTI
Le indagini sulle cooperative di accoglienza migranti, proprietà della famiglia di Aboubakar Soumahoro, restano al centro dell’azione della Procura di Latina: nel frattempo vengono approfonditi alcuni dettagli emersi già negli scorsi giorni dopo la denuncia fatta a “La Verità” dall’ex sindaca di Roccagorga (piccolo paesino vicino a Latina) Nancy Piccaro circa elementi tutt’altro che “limpidi” che già diversi anni fa aleggiavano sulla coop “Karibu” di Marie Therese Mukamitsindo, suocera del deputato autosospeso di Verdi-Sinistra.
Come ha riportato infatti “La Repubblica” – dopo aver visionato alcuni documenti in esclusiva – già dal 2019 il Viminale sapeva che la situazione di alcune cooperative legate al progetto Sprar 2014-2016 non avessero standard adeguati e che anzi fossero in pessime condizioni qualitative e quantitative.
La nota in particolare al Comune di Roccagorga – all’epoca amministrato dalla sindaca dem Carla Amici, sorella dell’ex sottosegretaria Sesa – venne indirizzata dal Ministero dell’Interno il 31 dicembre 2018, quando ancora Ministro era Matteo Salvini.
Il Viminale specificò nel documento oggi presentato da “Rep” che la seconda visita di monitoraggio effettuata il 26 e 28 novembre 2018 «era sfociata in una serie di prescrizioni per via delle criticità rilevate, imponendo all’ente locale di allinearsi entro 20 giorni». In quella nota si spiegava nel dettaglio l’intera “gravità della situazione emersa” per le coop protagoniste del progetto con il Comune di Roccagorga, tra cui appunto la “Karibu” di famiglia Soumahoro, che dal 2004 al 2019 ricevette ben 15 milioni di euro per gestire il progetto Sprar sui migranti: “mancato rispetto della percentuali di posti destinati al sistema di protezione indicate nella domanda di contributo», ma anche «mancata corrispondenza tra i servizi descritti nella domanda di contributo e quelli effettivamente erogati”, per finire con “mancata applicazione di quanto previsto dalle linee guida anche in termini di standard qualitativi e quantitativi”.