Una personalità ancora in gran parte “misteriosa” alla guida di Montecassino ed un vescovo diocesano che, di fatto, abolisce almeno per il 2023 la tradizione del Te Deum di fine anno alla Chiesa Madre, evitando la celebrazione (che oltretutto è sempre stata storicamente del Padre Abate, fin quando Papa Francesco non decise di abolire la diocesi dell’Abbazia sulla scorta degli scandali del caso Vittorelli). Fino al 2014 l’abbazia estendeva la sua giurisdizione sulla Terra di San Benedetto; con la bolla Contemplationi faventes del 23 ottobre 2014 il Pontefice ha ridotto il territorio alla sola abbazia. Così attualmente la cattedrale dedicata a Santa Maria Assunta e San Benedetto abate, è anche l’unica parrocchia dell’abbazia territoriale.
Dicevamo del vescovo Antonazzo che non ha presieduto il Te Deum alla Concattedrale di Cassino: era un appuntamento importante per ascoltare le parole della Chiesa dopo aver ascoltato la relazione del sindaco pro tempore della città. C’era un vero e proprio rituale con un corteo di personalità che si spostava dal palazzo municipale alla Chiesa Madre. E’ accaduto per decenni, dalla Ricostruzione. Poi la svolta del 2014 ha tolto importanza al Te Deum, perché il peso delle parole del Padre Abate era straordinario anche sulla vita civile e politica della città e del comprensorio. Non poteva essere altrettanto per il vescovo di Sora che il Papa voleva alla guida anche della Terra di San Benedetto.
Di fatti la tradizione della doppia celebrazione di fine anno, comunale ed ecclesiastica, è andata scemando fino a quando il 31 dicembre scorso il vescovo Antonazzo ha deciso di lasciare il compito al sacerdote di turno. «Te deum di una volta: Abate, Sindaco, Asl, Istituzioni in pompa magna. Ieri un prete, il Sindaco e qualcun’altro. La Città più grande della Diocesi è finita così», ha commentato l’ex assessore comunale Gianfranco Petrillo. «Altri tempi – ha aggiunto il popolare medico ed ex amministratore – con la Diocesi di Montecassino, con gli Abati carismatici e rispettosi dei fedeli e del territorio. Questo Vescovo non si è degnato nemmeno di presenziare. Ma forse ha capito che il territorio non lo sente come il suo Vescovo. È venuto meno il senso di appartenenza alla Diocesi e credo sarà così per qualche secolo».
Le parole di Petrillo interpretano un sentimento diffuso tra i cassinati che avvertono sempre più la lontananza dell’Abbazia – e conseguentemente anche della Chiesa – dalla vita cittadina.
Il vescovo Antonazzo per la verità è stato a Cassino il giorno di Natale: nella Concattedrale ha presieduto il Pontificale, accolto dal Parroco Don Emanuele Secondi. L’ufficio stampa diocesano ha subito sottolineato come “il Vescovo Gerardo, nonostante la voce rauca per l’evidente infiammazione, ha voluto essere presente, come da tradizione, in un giorno tanto importante”.
Altra cosa singolare, che non ha sollevato certo acclamazioni popolari, è stata l’idea del prelato di proporre una sorta di referendum sulla nuova patrona della Diocesi che potrebbe essere la Madonna di Canneto. Emblematicamente Rosario Di Fazio, animatore di un seguitissimo blog di fedeli dell’Abbazia, chiede a sua volta ad Antonazzo: «Signor Vescovo, e se facessimo anche un referendum per il ritorno di Cassino e della Terra di San Benedetto, alla Diocesi di Montecassino?».
Dalla Diocesi all’Abbazia, che era tornata presente in città – nonostante gli strali diocesani – grazie all’ex Abate Ogliari che non ha fatto mai mancare un segno e le sue parole ai cassinati. Ma con l’Abate Luca l’arrocco preteso da Papa Francesco si è perfezionato. A quasi un anno esatto dalla sua nomina ad Abate, Luca Fallica tra Natale e Capodanno ha finalmente letto le sue prime riflessioni dopo 12 mesi di guida della comunità monastica di Montecassino.
Di lui si ricordano poche cose – a parte il via libera alla sepoltura di dom Pietro nel cimitero dei monaci, nonostante l’ex Abate fosse stato da dieci anni prima della scomparsa lontano da ogni monastero -: innanzitutto una nomina molto irrituale. Scelto al di fuori della congregazione dei benedettini, Luca nei tre mesi successivi è stato ordinato prete e consacrato abate. Priore uscente del Monastero della Santissima Trinità di Dumenza (Varese), nato a Ripatransone nel 1959, è stato nominato da papa Francesco. Ha vissuto i primi anni della sua vita ad Ascoli Piceno e alla fine del 1971 con la famiglia si è trasferito ad Ancona. Qui si è formato nell’Azione Cattolica, nella quale è stato responsabile prima del Movimento Studenti e poi del Settore Giovani. Dopo gli studi in giurisprudenza e una breve esperienza lavorativa nell’ambito della cooperazione culturale, nel 1985 è entrato nel monastero di Praglia, dove ha iniziato la formazione teologica, proseguita poi presso la sede di Milano della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. Ma vediamo le sue riflessioni. «Sappiate riconoscere il segno, e diventate anche voi segno per gli altri – ha scandito il 25 dicembre -. Il Natale di Gesù dà valore ed efficacia anche ai nostri piccoli gesti, desidera che siano gesti che intessono fasce di tenerezza e di cura, affinché possiamo nutrire con il nostro impegno la fame di vita e di speranza del nostro tempo, della nostra gente».
«Di criteri spirituali abbiamo bisogno – ha invece invocato il 31 dicembre -. Lo hanno le nostre famiglie, le nostre comunità, i nostri paesi e città. E abbiamo bisogno di speranza e di fiducia. Nel Te Deum che canteremo alla fine di questa celebrazione, pronunceremo in latino alcune parole, che in traduzione italiana così suonano: ‘Sia sempre con noi la tua misericordia, / in te abbiamo sperato. […] Tu sei la nostra speranza, / non saremo confusi in eterno’. Lo Spirito sia su di noi come è stato su Simeone, e ci sospinga a camminare sulle vie della speranza, una speranza capace di dare responsabilità e fiducia ai nostri impegni e soprattutto alla verità e alla fedeltà dei nostri legami».
L’attenzione ai piccoli gesti, affinché non siano mai privi di significato, e la ricerca di criteri spirituali che ispirino la vita non solo delle famiglie ma anche quella dei paesi e delle comunità locali.
Tra i messaggi che l’Abate di Montecassino, Luca Fallica, ha inviato «a nome degli altri fratelli monaci che abitano con me nell’Abbazia di Montecassino» anche un invito alla necessità di fare squadra per il bene comune in ogni contesto: «Occorre lasciarsi guidare dallo Spirito, il che significa disponibilità a progettare i propri impegni, a discernere le decisioni da assumere, a costruire legami veri nella propria famiglia e negli altri ambiti della nostra vita, e a farlo con criteri spirituali, e non solo utilitaristici, o egoistici, o autoreferenziali, o settari. I criteri spirituali sono quelli che ci conducono ad anteporre il bene dell’altro al proprio, a operare per il bene comune e non solo per l’interesse di pochi, a lavorare con responsabilità personale, ma aperti al dialogo, all’ascolto, alla collaborazione con tutti. Lo spirituale non ha a che fare solo con il sacro o il religioso, ma con la qualità e la verità dell’umano. Di tutto ciò che è autenticamente umano».
Ovviamente nessun accenno dell’abate Luca alla nuova ipotetica Patrona. Del resto l’uscita vescovile appare, da Cassino, poco più che una boutade. Specialmente dopo che nel 2020 ci si divise tra popolo pro San Benedetto e pro Maria Assunta in cielo. Ora mettere in mezzo pure la Madonna di Canneto pare davvero troppo.
Cassino, tramonta la doppia celebrazione comunale ed ecclesiastica di fine anno
