Rafforzare la sicurezza nel Tribunale di Cassino. Lo chiede la Camera penale della Città martire dopo le aggressioni, in poco tempo, subite da tre avvocati. L’ultimo episodio, reso noto proprio dal presidente della Camera penale, Pasquale Improta, è avvenuto lo scorso 15 febbraio, ai danni di un’avvocatessa impegnata nella difesa nell’ambito di un processo per responsabilità medica.
Cassino, avvocati aggrediti in Aula
“Nel caso di specie – ha detto Improta -, l’aggressione è stata perpetrata proprio nell’aula di udienza, luogo sacralmente deputato al leale e dialettico confronto tra le parti. Nell’ambito di questa vicenda processuale anche altre colleghe hanno subito dagli stessi soggetti, ingiurie e minacce“.
Improta: “Intervenga il presidente del Tribunale”
Sono troppi e ripetuti gli episodi di minacce e offese agli avvocati, anche durante le udienze e quindi proprio nell’aula, luogo sacrale del ministero defensionale. Così, la Camera penale di Cassino ha chiesto di aumentare il sistema di sicurezza prima, durante e dopo le udienze presso il tribunale della Città martire: “Esortiamo il Presidente del Tribunale e le Autorità preposte ad intensificare il presidio delle Forze dell’Ordine soprattutto durante processi ‘sensibili’ come quello in cui è impegnata la collega, in cui, spesso, la tensione esonda i limiti di tollerabilità tracimando in una palese manifestazione di violenza”.
I processi mediatici e lo svilimento del ruolo del difensore
Il presidente Improta ha ricordato come, in Italia, sono sempre di più gli “episodi di avvocati intimiditi, minacciati, insultati gratuitamente per il sol fatto di aver svolto con lealtà ed impegno il mandato difensivo”.
La trasformazione di fatti di cronaca in ossessive vicende mediatiche, ben oltre la funzione giornalistica, dove il processo viene anticipato da talk show animati da esperti in cerca di notorietà, che soffiano su un giustizialismo da serie tv americana (in cui entro i 50 minuti dell’episodio il colpevole deve essere in manette e già dietro le sbarre), rischia di distorcere l’alto senso e la funzione degli avvocati, soprattutto quelli che assumono l’onere – che è onore secondo i nostri dettami costituzionali per i quali la difesa è diritto inviolabile – di assistere gli imputati, già ‘giudicati’ colpevoli e ‘condannati’ dal popolo dell’odiens.
“Ci troviamo, nei tempi odierni, a raccogliere il “frutto avvelenato” di un becero e volgare giustizialismo – scrive da parte sua il presidente Improta -, sapientemente propinato dai media e da certa politica che ritiene il difensore un complice o, peggio, un sodale dell’imputato compiendo questa agghiacciante equazione: avvocato dell’accusato uguale delinquente come il cliente. Il clima così sapientemente avvelenato fa perdere di vista la imprescindibilità della funzione difensiva nutrendo, invece, con crasso livore, la pancia ma non il cervello dell’opinione pubblica”.
Il popolo della “giustizia giusta” che ha già acceso la pira
Accade così, che chi si trova sul banco degli accusati è già colpevole. Anche perché, mediaticamente, le ragioni dell’accusa arrivano prima – a volte molto prima – di quelle della Giustizia e solitamente fanno più frastuono e molta eco, generando una moderna inquisizione di cui, sinceramente, non se ne sentiva il bisogno ed a cui anche un certo giornalismo non è immune. Come, puntualmente, non si sente il bisogno – ma è sempre lì come opera sociale di comune elaborazione del dramma e del lutto – il popolo della “giustizia giusta”.
Di chi vuole l’imputato condannato – a prescindere – anche se non ci sono prove, o forse anche se innocente, per il semplice fatto di essere il (a volte malcapitato) imputato. E la invocata “giustizia giusta” non è quella che promana dall’applicazione dei Codici, ma la propria; quella del popolo che presidia i palazzi, non per conoscere la verità processuale che si dipana dal dibattimento, ma per assicurarsi che la propria ‘verità’ non venga svergognata. Una “giustizia giusta” già pronta e sentenziata, ancor prima che si celebri il processo.
Camera penale di Cassino in prima linea a difesa degli avvocati
Il presidente della Camera Penale così inquadra il problema: “Le garanzie riconosciute all’imputato e al proprio difensore esprimono la misura del tasso di libertà e democrazia di uno Stato liberale, attento alle garanzie di tutti gli individui ritenuti colpevoli sono con sentenza irrevocabile. La Camera penale di Cassino terrà sempre desta l’attenzione su tale grave problema perché ad un avvocato a cui verrà impedito di difendere corrisponderà sempre un cittadino a cui lo Stato avrà negato il diritto di difesa ma, peggio ancora, ne avrà disconosciuto la dignità di persona. La Camera penale terrà sempre alta l’attenzione su tale grave problema”.