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Cassino, verso la cittadinanza onoraria a monsignor Bernardo D’Onorio

Tarcisio Di Pontecorvo
Oggi il parere della conferenza dei capigruppo e poi il seguito dell’iter per il riconoscimento all’ex Abate di Montecassino. Il capogruppo di maggioranza Terranova: personalità che resta indelebile nel cuore e nei ricordi dei cassinati. Le parole di don Bernardo sulla perdita della diocesi di Montecassino e sul senso profondo dell’esistenza danno l’idea dello spessore culturale ed umano dell’arcivescovo emerito di Gaeta.
Gennaio 30, 2024

Dal 9 luglio 2016 è arcivescovo emerito di Gaeta e da allora risiede a Villa Maria Teresa, una stupenda dimora per ecclesiastici ormai usciti dal servizio attivo, sulle rive del braccio formiano del golfo di Gaeta. Monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, verolano doc, oggi ha 84 anni e resta mente lucidissima, essendo tra l’altro stato attore protagonista di passaggi drammatici della storia della Terra di San Benedetto da Abate di Montecassino, ruolo ricoperto per un periodo lungo, tra il 1983 ed il 2004. Anni in cui i suoi Te Deum hanno scosso più volte il mondo politico e civile della città, finendo con l’essere punto di riferimento etico e non solo religioso per Cassino e per quella che una volta era la diocesi di Montecassino. Ma indimenticabili restano i suoi viaggi a Torino ed i suoi colloqui personali con l’avvocato Gianni Agnelli e con Franzo Grande Stevens per sostenere le istanze dei lavoratori della Fiat in tutti i momenti di crisi ciclicamente subiti della grande fabbrica di Piedimonte San Germano. Il tutto finché, senza che ce ne fossero avvisaglie e men che mai motivi, tra aprile e maggio di dieci anni or sono venne eletto prima titolare della Chiesa di Minturno, quindi ordinato vescovo ed, infine, promosso nel settembre 2007 alla sede arcivescovile di Gaeta: un vero choc per Cassino e l’hinterland rimasti sospesi du quel che sarebbe stato il destino dell’Abbazia.
Ma la svolta era imminente: il 25 ottobre 2007 il capitolo dell’arciabbazia di Montecassino elesse dom Pietro Vittorelli 191º abate. Proprio don Bernardo l’aveva accolto come postulante il 24 settembre 1989. La storia, di lì in poi, la conosciamo ed ha portato ad un decadimento del prestigio dell’istituzione sul quale è inutile indugiare in questo ambito ma pesarono fortemente non solo i comportamenti del successore di don Bernardo ma anche le decisioni dell’attuale Pontefice.
In ogni caso don Bernardo ha osservato uno strettissimo riserbo sulle vicende di Montecassino successive al suo abbaziato. E’ solo intervenuto disinteressatamente a difesa di dom Vittorelli affermando – come riferito dal sito Temporeale.info – ad inizio 2016:  «Posso dire che non manca nemmeno un euro. Sono stati fatti dei controlli da parte dell’Arcidiocesi di Sora, dalla quale dipende Montecassino, ed è risultato tutto in regola e pare che anche all’Abbazia non risultino irregolarità. Si è parlato dei soldi presi dalla Caritas ma non è così».
Proprio oggi in conferenza dei capigruppo, in Comune a Cassino, la riunione è stata convocata con un unico punto all’ordine del giorno: “parere conferimento cittadinanza onoraria a don Bernardo D’Onorio”.
«Una personalità ed un Abate che restano nel ricordo e nel cuore dei cittadini di Cassino – ha commentato il capogruppo di maggioranza, Edilio Terranova -: proprio per questo riteniamo doverono un tributo della città che suggelli la gratitudine per le sue azioni concrete, oltre che per le sue parole che sono state sempre illuminanti per la cittadinanza».
Per comprendere la profondità del pensiero di don  Bernardo basta leggere cosa scrisse, con sottile amarezza, di quel che è accaduto all’Abbazia con la perdita della diocesi. Si tratta di uno scritto del marzo 2019 per il numero dedicato a Montecassino de L’inchiesta Quotidiano: «Veramente suggestivo è l’aforisma di provenienza giudaica che afferma: “Il mon­do è come l’occhio: il mare è il bianco, la terra è l’iride, la pupilla è Gerusalemme e l’immagine in essa riflessa è il tempio”. Il detto ebraico, con le dovute proporzioni, può senz’altro applicarsi a Montecassino che è l’occhio delicato e prezioso dell’ampio territorio, che da secoli si gloria di chiamarsi “Terra di S. Benedetto” o se vogliamo riferirci all’antico Placito cassinese, redatto a Capua nell’anno 960, “parte sancti Benedicti”. I legami di Montecassino oltre al territorio circo­stante raggiungevano anche ampie zone del Molise, dell’Abruzzo  fino poi in Calabria con l’i­- so­la di Tropea e hanno la loro origine fin dai tem­pi di san Benedetto, il quale, come narra il suo biografo san Gregorio Magno, arrivando a Montecassino cominciò ad evangelizzare terre e villaggi della pianura. Con il passar del tempo il papato  riconobbe questo territorio come vera e propria Diocesi con il nome “Abbazia Territoriale” ed erano gli Abati che vi esercitavano la giurisdizione canonica: per questa loro attività pastorale venivano insigniti anche del carattere episcopale, come è avvenuto per gli Abati del secolo scorso Diamare, Rea, Matronola, D’Onorio».
«Il premio Nobel T.S Eliot nel suo poema Gerontion così scrive: “La storia ci prende in giro sussurandoci ambizioni e ci guida proponendoci vanità.. E poi dà quando siamo distratti, dà trop­po tardi ciò in cui non crediamo più, dà troppo presto in mani che sono deboli”. Eliot  svelandoci come la storia abbia molti passaggi nascosti e corridoi tortuosi ci ricorda che spesso la vita è scandita da occasioni che ci fan­no  perdere appuntamenti e coincidenze. Così il 23 ottobre 2014 con Bolla di Papa Francesco l’antico territorio della “Terra Sancti Benedicti” viene annesso alla Diocesi di Sora  e  si  rompe definitivamente  quell’antico legame che storia e diritto avevano creato da secoli».
Una visione quella di don Bernardo molto vicina al sentire comune e decisamente dal tono di sottofondo che richiama accenti laici, lontana dall’enfasi dei riferimenti religiosi. In un ricordo dell’avvocato Franco Assante, sempre per l’Inchiesta Quotidiano, ricordava il senso dell’esistenza con un riferimenti letterario inequivocabile: «“La vita non è né brutta né bella, ma è originale!” Sono le parole che Italo Svevo applica al protagonista  del suo romanzo “La coscienza di Zeno”, il quale nella ricostruzione della sua vita sostanzialmente  elusiva, abulica, sa scoprire che forse l’elemento significativo della sua esistenza è da cercare nella sua originalità e unicità. Non si può dire se la storia di una persona importante è più bella o più grande rispetto a quella di una persona modesta lavoratore: entrambi le vite sono significative per quanto attuano all’interno del loro itinerario. E’ per questo che ognuno di noi deve scegliere di percorrere la sua strada, con passione e coraggio, nella consapevolezza che sarà sempre una realtà unica e originale, non compatibile a nessun’altra, dono e missione faticosa, ma significativa».
Difficile trovare in questa Chiesa una personalità con la forza di ricordare come la fatica del retto vivere quotidiano di ciascuno di noi, in fin dei conti, sia rilevante a prescindere da tutto. Andrebbe aggiunto che preesiste alla religione e alla fede.

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