Nel Sud Italia ci sono più pensionati che lavoratori. Il calcolo lo ha fatto l’ufficio studi della Cgia, associazione di categoria delle piccole e medie imprese, stilando la classifica nazionale delle regioni e delle province in base al numero delle pensioni erogate e del numero degli occupati.
Cgia, Lazio regione virtuosa
Questa volta, la Regione Lazio è tra quelle virtuose e fa registrare un saldo positivo. A fronte di oltre 2 milioni di pensionati, infatti, la nostra regione conta 2,2 milioni di lavoratori, per l’esattezza è di circa 251.000 lavoratori in più la differenza tra le due voci prese in esame. Nella classifica relativa alle regioni il Lazio si piazza al 12° posto su 20.
Bene Roma e Latina. Male Frosinone, Viterbo e Rieti
A livello provinciale, invece, solo le province di Roma – che fa da traino al computo regionale – e Latina fanno registrare un saldo positivo: Roma con 1.449.000 pensioni e 1.724.000 lavoratori segna un +275.000 lavoratori; mentre Latina, con 203.000 pensioni e 206.000 lavoratori, ha un positivo di 3.000 lavoratori.
Segno meno, invece, per le altre tre province del Lazio: Frosinone, con 172.000 pensionati e 168.000 lavoratori, fa registrare 3.000 lavoratori in meno rispetto alle pensioni erogate; Rieti, con 66.000 pensionati e 56.000 lavoratori, circa 9.000 lavoratori meno rispetto ai pensionati; Viterbo, con 125.000 pensionati e 111.000 lavoratori, 14.000 lavoratori in meno (la somma delle pensioni nelle province non corrisponde al totale per la presenza di pensioni fuori dal territorio nazionale e di quelle non ripartibili).
Tutta colpa della denatalità
Nel report della Cgia, si legge: “In linea di massima, comunque, le ragioni di questo divario tra lavoratori e numero di pensioni vanno ricercate nella forte denatalità che, da almeno 30 anni, sta caratterizzando il nostro Paese. Il calo demografico, infatti, ha concorso a ridurre la popolazione in età lavorativa e ad aumentare l’incidenza degli over 65 sulla popolazione complessiva. Si segnala che tra il 2014 e il 2022 la popolazione italiana nella fascia di età più produttiva (25-44 anni) è diminuita di oltre un milione e 360 mila unità (-2,3 per cento). Per quanto concerne il risultato “anomalo” del Sud, va segnalato che, rispetto alle altre ripartizioni geografiche d’Italia, il numero degli occupati è sensibilmente inferiore. Va infine evidenziato che il risultato di questa analisi è sicuramente sottodimensionato; ricordiamo, infatti, che in Italia ci sono poco più di un milione e 700 mila occupati che dopo essere andati in pensione continuano, su base volontaria, a esercitare ancora l’attività lavorativa in piena regola”.
E così si fatica a trovare personale
Il progressivo invecchiamento della popolazione italiana sta provocando anche un altro grosso problema. Da tempo, ormai, gli imprenditori – non solo al Nord – denunciano la difficoltà di trovare sul mercato del lavoro personale altamente qualificato e/o figure professionali di basso livello. Se per i primi le difficoltà di reperimento sono strutturali a causa del disallineamento che in alcune aree del Paese si è creato tra la scuola e il mondo del lavoro, per le seconde, invece, sono posti di lavoro che spesso i nostri giovani, peraltro sempre meno numerosi, rifiutano di occupare e solo in parte vengono “coperti” dagli stranieri. Una situazione che con la congiuntura economica negativa alle porte potrebbe essere destinata a rientrare, sebbene in prospettiva futura la difficoltà di incrociare la domanda e l’offerta di lavoro rimarrà una questione non facile da risolvere.