Consorzio di bonifica Valle del Liri, Conca di Sora e “A sud di Anagni” resteranno in vita separatamente – anche se sottoposti alla gestione dello stesso commissario – almeno per tutto il 2024: insomma in provincia di Frosinone tarderanno ancora a concretizzarsi gli effetti del processo di accorpamento che la Regione Lazio ha promosso con le leggi del 2016 e del 2018. Ma con tutta probabilità non si vedranno economie di sorta stando alle evoluzioni che hanno portato allo sdoppiamento del consorzio unico provinciale prima ancora che nasca. Ricordiamo che le norme hanno stabilito il riordino territoriale dei comprensori di bonifica con l’obiettivo di “superare le frammentazioni delle competenze, di uniformare e omogeneizzare l’esercizio delle funzioni, di ridurre i costi a vantaggio delle azioni rivolte alla difesa del suolo ed alla gestione delle acque”.
Alla fine dei conti sono oggi realizzati 3 accorpamenti sui 4 previsti nel Lazio (e l’ultimo appare oltretutto finto e vedremo il perché). Resta in sella – sebbene nominata dal centrosinistra ed in particolare con decreto del 24 maggio 2022 da Nicola Zingaretti – Sonia Ricci che del resto è il quarto commissario della serie (nell’ordine si sono succeduti Raffaele De Lipsis, Riccardo Casilli e Stefania Ruffo) ed è sostanzialmente “protetta” sia dalla sua vicinanza alla potente Coldiretti che dall’incertezza degli esponenti del centrodestra interessati su chi (tra FdI, Lega e Fi) effettivamente la spunterebbe nell’imporre il nome di bandiera per governare gli ultimi mesi che precederanno la convocazione dei soci per l’elezione degli organismi e quindi l’uscita dalla lunga fase di commissariamento. Insomma il gioco, a questo punto, non sembra valere la candela.
Sono gli adempimenti in calendario a far comprendere come servano almeno 15-18 mesi per poter tornare ad una gestione ordinaria.
Alla Ricci toccherà prima procedere all’approvazione del Pov (piano di organizzazione variabile) che attiene, appunto all’organizzazione della struttura operativa e tecnico amministrativa del consorzio: una sorta di pianta organica che tiene in particolare conto più che del personale fisso, di un vero e proprio mansionario occupandosi anche dei lavoratori stagionali legati essenzialmente alla fase estiva (quest’anno protrattasi fino a metà ottobre) dell’irrigazione.
Sarà quindi la volta del Piano di classifica, che individua le macro zone in cui si riscontrano i diversi benefici di bonifica, definisce gli indici tecnici ed economici da utilizzare ai fini del calcolo dei benefici per ogni immobile e, di conseguenza, il riparto degli oneri consortili. Proprio l’ultimo Piano di classifica ha sollevato le proteste e determinato una serie di ricorsi per l’inclusione di aree precedentemente escluse dai ruoli consortili. Un ampliamento portato avanti proprio per dare una sistemata in qualche modo ai conti. Al di là del valzer di promesse e dichiarazioni, i consorziati ed i ricorrenti non riescono a spuntarla per la riduzione o, in determinati casi, per l’eliminazione totale delle cartelle – centrosinistra o centrodestra al governo – proprio perché la situazione debitoria del consorzio Valle del Liri resta preoccupante.
Per definire l’entità dell’ammanco di cui parliamo bisogna risalire al commissario Casilli che denunciò alla Procura della Repubblica di Cassino un buco nei conti di 19,5 milioni di euro, per la gran parte attribuibili a contenziosi con ditte (Intercantieri, Pizzarotti) che non sono state pagate pur avendo eseguito interventi di bonifica. Tra l’altro fece notizia il pignoramento di 5 milioni di euro – per bollette dell’energia elettrica non onorate tra il 2013 e il 2015 – da parte della società Hera Comm srl.
Un prestito della Regione Lazio da otto milioni di euro e un piano di transazioni con i creditori a fine 2019 tentarono di arginare la situazione debitoria: fronte sul quale si impegnò la commissaria Ruffo. Aumenti delle tariffe e della tassa sull’irrigazione mandarono su tutte le furie i consorziati che sono tutt’ora sul piede di guerra. Veri e propri comitati di contestazione sono stati costituiti in zone come la media Valle del Liri, dove intere zone vennero incluse nel perimetro della contribuzione.
Eppure ad aprile del 2021 Albino Ruberti, capo di Gabinetto della Regione Lazio, ricordava – in una riunione al Comune di Cassino – che «nel 2018 si registrava un disavanzo di quasi 19,5 milioni di euro, per passare ai 6,7 milioni nel 2019 fino ad arrivare ai 4,9 nel 2020».
Fatto sta che ad inizio 2022 la situazione finanziaria restava precaria ed arrivavano a confermarlo anche il diniego di un finanziamento da parte della Cassa Depositi e Prestiti, nonché le dimissioni dall’incarico del revisore unico.
“I debiti ci sono: impossibile ripianarli con le risorse a disposizione considerati gli alti costi del personale – confida un ex amministratore-: per evitare rottura di ossa ai consorziati con le bollette si cerca di ampliare il piano di classifica, inserendo altre zone prima non raggiunte dai ruoli. Si ritiene, da parte del consorzio, che i benefici della bonifica non siano solo legati ad irrigazione e opere dirette ma che, interventi come la pulizia dei canali e rete idrografica secondaria, in realtà mettano in sicurezza vaste aree, incluse quelle urbane”. Un esempio può essere via Appia e la zona dello stadio di Cassino che senza pulizia adeguata per il deflusso delle acque piovane finiscono inevitabilmente sommersi.
Ma il capolavoro della partitocrazia arriva tuttavia a fine 2022 con un emendamento alla legge di bilancio regionale presentato dal consigliere Mauro Buschini che modifica lo stesso accorpamento, confermando due direzioni generali a Frosinone, una per Anagni-Sora (Tagliaboschi) ed una per Cassino (Marandola) e spartendo le risorse disponibili tra le due direzioni, in modo che i soldi vengano gestiti da due centri di potere. L’espediente è quello di creare due aree funzionali all’interno del perimetro di quello che dovrà essere uno stesso consorzio. Ma ecco il testo approvato alla Pisana a gran maggioranza e frutto evidente di accordi politicamente trasversali in consiglio regionale: prevede che “a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, le risorse finanziarie erogate dalla Regione in favore del Consorzio di bonifica Lazio Sud Est, sono allocate nell’ambito dei comprensori di bonifica corrispondenti agli estinti Consorzi di bonifica “A Sud di Anagni”, “Conca di Sora” e “Valle del Liri” in proporzione al numero ed all’estensione delle opere e degli impianti di bonifica, nonché dei corsi d’acqua. Al fine di garantire l’attuazione delle disposizioni di cui al comma 123, nel Consorzio di bonifica Lazio Sud est sono istituite due aree geografiche funzionali distinte: a) Area Nord-Sud di Anagni e Conca di Sora; b) Area Sud – Valle del Liri. Il Consorzio Lazio Sud Est”, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge adegua il progetto di fusione nonché il proprio statuto a quanto disposto con riferimento alle aree geografiche funzionali».
In un Paese diverso dal nostro l’inciucio alla Pisana verrebbe probabilmente considerato uno scandalo vero e proprio, ma da noi – a parte qualche notizia su pochi giornali e l’eco dei comitati di protesta – tutto è passato come nulla fosse. La politica a chiacchiere mette nero su bianco in una legge l’intento di razionalizzazione e ridurre i costi ma all’atto pratico lascia tutto com’era prima.
Intanto il commissariamento va avanti con dichiarazioni che parlano di tutto e di niente in concreto, i debiti li pagheranno consorziati e contribuenti e i comitati di protesta (di cui ci occuperemo prossimamente) restano senza voce e pure senza ascolto.