Sul Corriere della Sera Francesco Verderami racconta della forte irritazione di Giorgia Meloni per gli annunci e le richieste quotidiane (non concordate) di Matteo Salvini. Quasi che il Capitano della Lega volesse legittimare una gestione parallela su sanità, guerra ed economia. In realtà si sapeva perfettamente che Salvini e Berlusconi avrebbero cercato in tutti i modi di mettersi di traverso. Contemporaneamente i sondaggi danno Fratelli d’Italia quasi al 30%, Forza Italia in netta difficoltà e la Lega inchiodata ad una sola cifra. Eppure nel centrodestra sia il Carroccio che gli “azzurri” hanno un solo modo per intendere l’alleanza: spadroneggiare. Gli elettori la pensano diversamente, ma questo “dettaglio” fatica ad essere accettato. Dal 2018 ad oggi il percorso della Lega in Parlamento è stato questo: governo con i Cinque Stelle e pieno sostegno a Giuseppe Conte, poi tentativo di spallata risoltosi con un fallimento imbarazzante e un periodo di opposizione confusa. Alla fine ritorno al Governo con appoggio a Mario Draghi. Insieme a Forza Italia di Silvio Berlusconi. Mentre Fratelli d’Italia è rimasta coerentemente all’opposizione, sia di Conte che di Draghi. Adesso guida il Governo forte di un consenso elettorale triplo del Carroccio e triplo degli “azzurri”. Salvini e Berlusconi continueranno a tirare la corda, che potrebbe spezzarsi.
STESSO SCHEMA IN CIOCIARIA
Dalle nostre parti non va diversamente. Alle politiche del 25 settembre Fratelli d’Italia ha raggiunto il 33%. Distanziando notevolmente Lega e Forza Italia, che si guardano bene dal riconoscere una leadership che risiede nei consensi. Il sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli sarebbe stato il candidato “naturale” alla presidenza della Provincia. Ma pochi giorni prima delle politiche ha pensato bene di diffondere un video con il quale chiedere ai cittadini di votare Lega. Con tanti saluti alla dimensione “civica” che aveva caratterizzato la sua campagna elettorale. Va bene tutto, ma una domanda è normale: perché Fratelli d’Italia (primo partito nel Paese, nel Lazio e in Ciociaria) dovrebbe accettare che ad esprimere il candidato per la presidenza della Provincia sia un partito alleato che ha un terzo dei voti in meno? Il percorso più normale poteva essere quello di un confronto serio attorno ad un tavolo della coalizione, ma non avverrà mai. Inoltre nella Lega ci sono almeno tre linee politiche. Una è quella del coordinatore provinciale Nicola Ottaviani, una del consigliere regionale Pasquale Ciacciarelli, una del capogruppo alla Provincia Gianluca Quadrini, sempre più nervoso e insofferente. Una cosa appare quasi scontata se non avverrà in tempi rapidi un cambio di rotta: ancora una volta il centrodestra si presenterà spaccato alle provinciali.
LA CONFUSIONE DEL PD ALLE REGIONALI
Daniele Leodori è un politico di lungo corso, attento, affidabile, moderato e in grado di leggere prima quello che succederà qualche settimana dopo. Recentemente ha voluto dire che la sua disponibilità alla candidatura alla presidenza della Regione è legata alla prosecuzione del progetto del Campo largo. Non farà l’agnello sacrificale. Nel Movimento Cinque Stelle continua senza sosta il balletto delle dichiarazioni e delle smentite, delle aperture e delle chiusure. Balletto alimentato pure dal capo politico Giuseppe Conte. Nel frattempo i giorni passano e si avvicinano le dimissioni da Governatore di Nicola Zingaretti. Ci sono due appuntamenti a Roma che saranno esplicativi. Il 10 novembre al teatro Brancaccio convention dell’assessore alla sanità Alessio D’Amato. In prima fila ci sarà quasi sicuramente il leader di Azione Carlo Calenda. L’idea probabilmente è quella di lanciare la candidatura alla presidenza di D’Amato con il Campo stretto limitato al sostegno di Calenda, di una parte del Pd e di altre forze di sinistra. Il giorno dopo Goffredo Bettini presenterà il suo ultimo libro e con lui ci sarà Giuseppe Conte. Stando ad alcune indiscrezioni potrebbe riemergere l’ipotesi di candidare Enrico Gasbarra. Siccome Daniele Leodori è stufo delle solite manovre delle correnti del Pd, ha pensato bene di piantare un paletto importante: senza un Campo largo vero lui non ci sarà. Sarebbe davvero interessante capire come giustificherebbe il Pd la mancata partecipazione di quello che in questi dieci anni è stato l’alter ego di Nicola Zingaretti, prima come presidente del consiglio regionale e poi come vicepresidente. Fra l’altro Daniele Leodori guiderà il Lazio alle elezioni dopo che Zingaretti avrà lasciato. Quale la vera strategia dei Democrat se non quella del “facciamoci del male”? Oltre al congresso nazionale dovrà effettuarsi anche quello regionale, nel Lazio. Sarà importante conoscere la strategia dell’attuale segretario Bruno Astorre, esponente di AreaDem di Dario Franceschini. Sicuramente l’ala di Roberto Gualtieri, Claudio Mancini e Goffredo Bettini cercherà di prendersi la segreteria, ma siccome contemporaneamente ci saranno le elezioni regionali, sarà veramente complicato venire a capo di una situazione dominata dal quel correntismo al quale Nicola Zingaretti ed Enrico Letta si sono dovuti arrendere.