De Angelis vuole tutto: “Marzi vincerà e il Pd sarà determinante”

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“Qualcuno ha pensato che alla fine si facesse il campetto di calcio, invece abbiamo fatto un campo larghissimo. E siamo forti. Non ho dubbi, ho solo certezze”.

E’ come una coperta lunga e sa di esserlo. Deve coprire tutto e tutti, anche al di fuori dei confini dell’area Pensare Democratico, della quale è il leader assoluto da anni. Francesco De Angelis guarda alle comunali di Frosinone ma anche alle politiche del prossimo anno. Sa che i risultati potrebbero essere collegati. Ma siccome è abituato a vivere il presente, si tiene stretta la presidenza del Consorzio industriale regionale unico, che ha costruito. Ma c’è un punto che balza particolarmente agli occhi: gli enti intermedi, dove il Pd domina da sempre in Ciociaria. De Angelis sottolinea che questa situazione è frutto del voto popolare. Vuol dire che rimane quello il fulcro della potenza politica e anche mediatica del leader storico del principale partito della sinistra in Ciociaria. E che non ha alcuna intenzione di abdicare o di passare la mano.

Allora De Angelis, dicono che il Consorzio industriale regionale unico vale dai due ai tre assessorati regionali. È così? Ma soprattutto, può davvero fare la differenza per lo sviluppo del Lazio e delle singole province? E come?

“Ma non scherziamo! Viene sempre prima l’assessorato e poi viene il Consorzio. Uno strumento utile per il territorio e per le imprese. Uno strumento importante e fortemente voluto dalla Regione Lazio. Certamente può fare la differenza, perché siamo il più grande consorzio industriale d’Italia e siamo più forti rispetto a prima. Siamo maggiormente attrattivi e la nuova mission farà sì che saranno messi in campo nuovi strumenti, nuove attività – penso ad esempio all’utilizzo dei fondi strutturali e alla
programmazione 2021-2027 – facendoci diventare forti e competitivi per le imprese e per lo sviluppo del territorio”.
 
Sembra che a Roma all’inizio abbiano sottovalutato la “potenza” del Consorzio, poi però hanno cambiato idea al punto che vorrebbero un cambio della guardia alla presidenza. Parliamo sia della politica che delle associazioni di categoria. Avverte il fiato sul collo?

“Mi pare troppo presto per un cambio (dice sorridendo). Sono stato appena nominato dal presidente Zingaretti. Sono le favole che si raccontano e che lasciano il tempo che trovano. E poi la Regione Lazio non ha affatto sottovalutato il Consorzio. Al contrario, lo ha fortemente voluto ed è stato un obiettivo prioritario di Nicola Zingaretti. Io sono tranquillo, al mio posto e faccio il mio lavoro che cercherò di fare sempre al meglio. Siamo partiti benissimo e i primi risultati già si vedono. Penso al pacchetto di cinquanta milioni di euro per le infrastrutture. Insomma, facciamo la nostra parte, il resto è chiacchiericcio. Sono sereno e non mi sento affatto il fiato sul collo”.
 
Il prossimo anno si vota per le politiche. Per favore, non risponda che è a disposizione del partito. Cercherà di ottenere una candidatura eleggibile alla Camera o al Senato, anche per coronare una carriera di assoluto livello?

“Vediamo. Non dipende da me. Quello che posso dire a chi decide e a chi ha in mano le chiavi delle candidature, è che io ci sono. Poi deciderà il partito. È un appuntamento importante per il Paese e sono pronto a dare il mio contributo”.
 
Alla Regione Lazio proporrà ancora il ticket tra Sara Battisti e Mauro Buschini oppure dovrà tenere pure degli equilibri con Antonio Pompeo?

“Io lavorerò, insieme al partito e al segretario della federazione, per mettere in campo una lista forte e competitiva, capace di vincere e di strappare consensi. Ci sono tante forze e tante energie. Quello tra Mauro e Sara è un ticket collaudato, che è già risultato vincente.
Poi però ci sono anche nuove forze e nuove energie e saranno tutte in campo per costruire una lista fortissima. Deciderà Antonio Pompeo ciò che vorrà fare, ma sicuramente sarà anche lui della partita. E
quindi la lista del Pd sarà fortissima. Il mio obiettivo è la squadra e la nostra, statene certi, sarà fortissima”.
 
Bruno Astorre, Enrico Gasbarra, Daniele Leodori, Alessio D’Amato: chi è il favorito per la candidatura alla presidenza della Regione?

“Non mi risulta che Bruno sia in corsa per le regionali. È il nostro segretario regionale e a lui spetta il compito di costruire il campo e di portare la coalizione al successo. Per la scelta del candidato presidente non ci sono favoriti, perché per il momento ci sono le primarie e quindi saranno i cittadini a decidere”.
 
Nicola Zingaretti capolista nel Lazio alle politiche. Che impronta ha lasciato nella Regione e nel partito?

“Direi che è il giusto riconoscimento della sua leadership in questa regione. Nicola è un punto di riferimento importante e prezioso per tutti noi. Ha lasciato un’impronta decisamente positiva, sia sul piano amministrativo che politico. Sul piano amministrativo dieci anni di governo alla Regione, di buona amministrazione riconosciuta da tutti. Sul piano politico penso all’esperienza di Piazza Grande e del campo largo. Oltre che alla costruzione di un’alleanza forte e competitiva per le prossime elezioni. Il suo contributo sarà decisivo e la leadership è giusta e meritata”.

Elezioni di Frosinone: quante possibilità ha davvero Domenico Marzi per giocarsela? Il Campo largo è proprio necessario? Cioè, per avere dentro il Movimento Cinque Stelle era veramente inevitabile “sacrificare” Mauro Vicano?

“Non è stato questo il motivo che ci ha portato a non prendere più in considerazione la candidatura di Mauro Vicano. Sono state altre ragioni di carattere politico e Mauro lo sa bene. A lui tra l’altro mi lega da sempre un rapporto di straordinaria amicizia. Per il Pd il campo largo è necessario ed è il nostro obiettivo strategico, il nostro orizzonte politico. Ci siamo spesi per costruirlo. Qualcuno ha pensato che alla fine si facesse il campetto di calcio, invece abbiamo fatto un campo larghissimo. E siamo forti. Io sono sicuro che vincerà Memmo Marzi e che sarà lui il nuovo sindaco di Frosinone. Non ho dubbi, ho solo certezze”.
 
Quanti voti può prendere la lista del Pd stavolta? Un successo elettorale dei Democrat nel capoluogo attutirebbe il colpo della eventuale terza sconfitta consecutiva per quanto riguarda il sindaco?

“Questa ipotesi della sconfitta non esiste e le due cose viaggiano in sintonia. Da una parte Marzi e dall’altra la lista del Pd, con l’obiettivo di vincere con la lista del Partito Democratico al primo posto. Il nostro sarà un contributo determinante per la vittoria di Memmo Marzi. Una lista forte e competitiva e la vera novità di questa campagna elettorale è che adesso il Pd è unito. Siamo tutti in corsa e ci sono tra l’altro nuove forze, nuove energie”.
 
In un ipotetico ballottaggio Mauro Vicano e Gian Franco Schietroma sarebbero degli interlocutori?

“Assolutamente sì. A me questa pare la soluzione più naturale da questo punto di vista. È il campo delle forze democratiche, riformiste e progressiste. La considererei una scelta naturale, per sensibilità culturale, storia, valori e visione comune. Per noi non sarebbe difficile trovare dei punti in comune”
 
In Ciociaria il Pd domina negli enti intermedi ma arranca alle politiche e perfino in diversi Comuni. Conta più l’apparato del popolo sovrano?

“Sgomberiamo il campo da questa storiella. Il governo degli enti intermedi è il frutto del voto popolare. I sindaci, i consiglieri comunali sono eletti dal popolo e quindi si parte sempre da lì. Dalla scelta dei cittadini. Se negli enti intermedi vinciamo vuol dire che il campo largo, il centrosinistra è più forte. Certamente esiste una differenza tra il voto amministrativo e il voto politico. In provincia di Frosinone siamo più forti sul primo, perché siamo più radicati sul territorio, perché c’è una classe dirigente che è punto di riferimento e che dà dei risultati. Lo conferma anche il fatto che nel momento in cui si vota con le preferenze il Pd sale. A dimostrazione di una classe dirigente forte, competitiva, radicata sul territorio. Quello che dobbiamo fare è accorciare la forbice tra voto amministrativo e voto politico. Adesso quella classe dirigente deve dimostrare, alle prossime elezioni, di essere forte anche sul piano politico”.

Luca Fantini segretario è una sua scommessa (sui giovani). Come valuta questa esperienza finora?

“Luca ha già vinto. È bravo e ha dimostrato in questi mesi di esserlo anche in alcuni passaggi importanti. Penso alle elezioni di Sora, a quelle provinciali e, per ultimo, alla vicenda di Frosinone. Ha una grande capacità di equilibrio, ma anche capacità di innovazione. È stata una scelta di rinnovamento, che guarda al futuro e ai giovani. Quindi la scommessa è già vinta e su questa strada bisogna andare avanti”.

C’è un erede politico di Francesco De Angelis in Ciociaria? Quanto le manca Francesco Scalia?

“Ad essere sincero Francesco mi manca moltissimo. E mi manca per una ragione molto semplice. Per l’affetto e per l’amicizia. Al di là delle cose che si sono dette e scritte in questi anni anche sulla nostra presunta rivalità, siamo stati una grande coppia. La coppia che ha portato al successo il Partito Democratico e il centrosinistra per più di trent’anni in provincia di Frosinone. Per quanto riguarda un erede, ce ne sono tanti. C’è una bella squadra di giovani, su cui io ho sempre scommesso. È stato così per Mauro Buschini, per Maria Spilabotte, per Sara Battisti e per ultimo Luca Fantini. Ho sempre scommesso sui giovani. E oggi abbiamo una nuova classe dirigente già cresciuta e che sta continuando a
crescere. Se penso al futuro penso a questo. È il mio vero obiettivo: costruire un futuro per i giovani. Se non lasci nulla è una sconfitta. Nella mia testa c’è sempre la squadra e ci sono sempre i giovani. E forse la
mia forza è proprio questa”.

Non crede che il Pd abbia perso parte della vocazione popolare per inseguire la logica delle “campagne acquisti”?

“Se non c’è il popolo non vai da nessuna parte. Puoi anche vincere tatticamente, ma poi devi vincere il campionato. Significa che se non c’è il popolo non vinci proprio nulla. Il Pd c’è sempre, sia quando si vince che quando si perde. È un punto di riferimento importante per tutto il Paese, con una base molto forte e solida. Perché è un’idea, rappresenta dei valori”.
 
Quale il suo maggiore successo politico? E quale la sconfitta che brucia di più?

“Il momento che ricordo con maggior piacere è forse la vittoria alle elezioni Regionali. La terza volta che mi sono affermato, con quasi venticinquemila voti di preferenza che rappresentano ancora un record regionale per il centrosinistra. Ricordo ancora la piazza della vittoria, con una folle enorme e il concerto dei Nomadi. La sconfitta amara è forse quella della mia seconda partecipazione alle Europee, quando non sono state sufficienti le quasi sessantamila preferenze prese. Sono stato il primo dei non eletti e non sono stato eletto per una interpretazione della legge elettorale sul meccanismo di ripartizione dei seggi. Un rammarico non proseguire il lavoro svolto per cinque anni in Europa, per quella che secondo me è stata un’esperienza di forte crescita insieme al mio capo delegazione David Sassoli, che ricordo sempre con grandissimo affetto. Ricordo in particolare il suo sorriso. Una persona unica e straordinaria”.

L’interpretazione politica dell’intervista di Francesco De Angelis è una sola e ha una matrice che conduce a Machiavelli: il fine giustifica sempre i mezzi. Per un motivo semplicissimo: conta solo vincere. Partecipare ha una dimensione coreografica.

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