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Di Gioconde Leonardo da Vinci ne ha dipinte due. Una sta al Louvre. L’altra?

Alberto Fraja
Di questa narrazione avvincente, sospesa tra leggenda, romanzo storico, mito e realtà torna a trattare Silvano Vinceti
Luglio 25, 2022

Dicono che Leonardo Da Vinci di Gioconde ne abbia dipinte due. La storia è abbastanza nota. Se ne cominciò a vociferare prima ancora che il genio barbuto si congedasse da questa valle di lacrime. Di questa narrazione avvincente, sospesa tra leggenda, romanzo storico, mito e realtà torna a trattare Silvano Vinceti nel suo interessantissimo “La prima Gioconda di Leonardo” (Armando Editore, 114 pagine, 15 euro). A suscitare il sospetto che di Monne Lise ve ne fossero in circolazione un paio furono le prime ipotesi formulate a proposito della identificazione del personaggio ritratto da Leonardo nel suo famoso dipinto. Il manoscritto anonimo Gaddiano, ne è una prima riprova. Il teorico d’arte e pittore milanese Giovanni Paolo Lomazzo, più tardi, fornirà altre notizie confuse riportando nel 1584 il «ritratto della Gioconda e di Monna Lisa», facendo riferimento quindi a due opere diverse. 
Ma una figura fondamentale, e forse dirimente, di questa contorta vicenda è quella di Gian Giacomo Caprotti detto il “Salai”, allievo del Da Vinci. Leonardo stimava talmente poco il ragazzo (lo definiva «ladro, bugiardo, ostinato e ghiotto») che quando tirò le cuoia gli lasciò in eredità nient’altro che un misero vigneto nella campagna intorno a Milano. Ma questo è un altro paio di maniche. L’importanza di Caprotti è concentrata nella sua esistenza disseminata di indizi interessanti. Il più importante dei quali è forse il seguente: poco prima di passare a miglior vita, il discepolo dispose nel testamento che alle due sorelle sarebbero finiti tre dipinti, un Sant’Anna, un San Giovanni e una Joconda. La presenza nel lascito di quest’ultimo quadro riveste un’importanza fondamentale e getta una nuova luce sulla storia del capolavoro leonardesco e delle sue diverse denominazioni: prima Ritratto di donna fiorentina, poi appunto Gioconda
“Per quanto riguarda la denominazione Joconda il fatto è importante da un punto di vista storiografico, dato che la maggioranza degli storici di Leonardo ha sostenuto e sostiene che il nome Gioconda compare la prima volta verso il 1630-40, utilizzato da Padre Don – annota Vicenti -. Il Padre era responsabile dell’inventario dei beni artistici del Re di Francia presso la residenza estiva degli stessi Re a Fontainebleau”. Questo dato storico è importante soprattutto perché dà le ali alla tesi che Leonardo avesse effettivamente realizzato un quadro denominandolo Gioconda. Il Salai difficilmente poteva inventarsi il vocabolo che rimandava a Lisa Gherardini, detta Monna Lisa del Giocondo. 
“Caprotti viveva quotidianamente con il maestro. Difficilmente avrebbe potuto affibbiare a un eventuale suo quadro il nome di Joconda, se tale nome non proveniva da Leonardo medesimo” ragiona l’autore. 
Disparate sono state le interpretazioni relative al o ai modelli di cui si avvalse Leonardo nella composizione della Gioconda: chi la individua con Pacifica Brandano, chi con la figlia illegittima di Ludovico il Moro, chi con la Contessa d’Avalon, chi perfino con Beatrice d’Este moglie di Ludovico il Moro. 
“Sono seguite altre fantasiose letture secondo le quali la Gioconda sarebbe un autoritratto del genio toscano, una costruzione simbolica-ideale ecc. ecc. – scrive Vinceti -. Il testamento del Salai indebolisce tutte queste tesi e, al tempo stesso, rafforza l’ipotesi dell’esistenza di una o più varianti della Gioconda del Louvre realizzate da Leonardo o a quattro mani”. 
Vinceti fornisce altre ipotesi sulla presenza di una seconda Gioconda facendo riferimento, stavolta, alla cosiddetta Monna Lisa del Prado.
“La Monna Lisa del Prado, riscoperta pochi anni or sono, rientrava nella tipologia di quadri (del Salai, ndr). Non solo. Grazie ad alcune ricerche ero venuto a conoscenza di due “Gioconde con colonne” presenti in due diversi musei degli Stati Uniti attribuiti al Salai e al Melzi (altro discepolo di Leonardo, ndr)”. E qui siamo di nuovo nei paraggi dei due ragazzi di bottega del Vinciano. Forte di queste prove, Caproti decide di ricorrere al massimo studioso di Leonardo, Carlo Pedretti. Va a caccia di qualche sua pubblicazione che possa svelare il segreto affascinante di queste “Gioconde con colonne”. La trova. E’ un manoscritto. In essa, si parla del ritrovamento della prima Gioconda di Leonardo: più giovane rispetto a quella del Louvre e con due colonne laterali assenti nella più famosa. Un’altra prova dell’esistenza di una Gioconda bis. Il mistero continua.

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