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Elogio delle badanti, angeli custodi del nostro futuro sempre più anziano

Alberto Fraja
Durante un’edizione straordinaria del Tg3 Lucia Annunziata e Antonio Di Bella si sono lasciati andare, fuori onda, a commenti offensivi verso le lavoratrici
Marzo 1, 2022
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Càpita a tutti di dire bischerate. Anche a giornalisti navigati come Lucia Annunziata e Antonio Di Bella. Agli ascoltatori più attenti non sarà sfuggito il poco edificante siparietto andato in onda nel corso dell’edizione straordinaria del Tg3 di qualche sera fa. Mentre il telegiornale trasmetteva un’intervista al segretario del Pd Letta in cui veniva espressa vicinanza al popolo ucraino e alle «centinaia di migliaia di persone che si sono integrate nel nostro Paese», la Annunziata (non accorgendosi evidentemente del microfono acceso) con un tono di voce tra il disgustato e il seccato ha commentato: «Centinaia di migliaia di cameriere e badanti», cui ha fatto eco una raffinatissima postilla di Di Bella che ha suonato così: «E amanti».

Non vi è insomma chi non s’avveda del fatto che, con tale voce dal sen fuggito, i due giornalisti abbiano involontariamente messo a parte l’italica gente della loro imbarazzante opinione sulle immigrate rumene in Italia. E fa niente se la comunità ucraina, tanto per dire, è una delle più attive — tra quelle straniere in Italia — nel mondo imprenditoriale, con il 54,5% di imprenditrici (donne, quindi). Pescata con le dita nella marmellata, l’Annunziata si è difesa così: «Frasi che al di là del contesto e delle intenzioni sono suonate inopportune, offensive, e soprattutto un atto di estrema stupidità. Un inciampo che un conduttore dovrebbe sempre saper evitare”. Della serie: pezo el tacón del buso.

A questo punto urge un atto riparatorio nei confronti della comunità femminile ucraina che in Italia non è certo venuta a svernare o a villeggiare, Proviamo, assai umilmente, a farlo noi producendoci in quello che riteniamo un doveroso “elogio della badante”. La badante, che arrivi dalla Romania piuttosto che dalla Lettonia o dall’Ucraina, ha lo stesso carattere di insostituibilità di un farmaco salvavita. A cominciare dal significato del sostantivo: finché loro ci sono, vecchiaie e solitudini sono “tenute a bada”. In altri termini, esse a questo si dedicano: a esorcizzare demoni, spettri, ombre paurose, che incombono sulle famiglie in conseguenza dei trionfi della medicina, che allungando implacabilmente l’esistenza materiale ci hanno regalato, siamo sinceri, i peggiori anni della nostra vita.

Prima dei Novanta e passa, la badante nell’accezione odierna, non esisteva. Il sostantivo si è tinto di professione quando è venuto materializzandosi il connubio tra emigrazioni di massa e decadimento inesorabile di una nazione ipernutrita e invecchiante.

In principio furono le leggendarie badanti filippine, destinate soprattutto a rendere meno amara la senescenza di signori e signore con parecchi danè in saccoccia: bastava un timido scampanellìo della padrona perché esse, più veloci di Bolt, raggiungessero il salotto, ascoltassero l’ordine, tornando dopo un amen col vassoio del tè caldo a puntino e servendolo a tavola col rigore e la perfezione di un amanuense benedettino. Poi arrivarono le badanti romene, bulgare e appunto ucraine.

Oggi, vederle accompagnare i nostri genitori e i nostri nonni per strada o al parco, è un’immagine di grande tenerezza: premurose, si siedono assieme all’accudito su di una panchina nei giardini pubblici o lo aiutano amorevolmente a fare una brevissima passeggiata mattutina così da convincerlo di essere ancora vivo. Il vecchio e la badante sembrano lontani anni luce, viceversa quasi sempre si intendono con un semplice sguardo, sono entrambi molto saggi, l’uno per l’esperienza accumulata negli anni, l’altro perché vivere lontano da casa rende subito maturi.

Sono entrambi fragili come il vetro per i malanni e per la scarsa tutela dei propri diritti. Sognano la famiglia lontana e soffrono di un’inguaribile solitudine: lo straniero ha i suoi cari a migliaia di chilometri, l’anziano ancora più distanti, anche se la figlia o la nuora abitano a pochi isolati di distanza. Tutte le piazze d’Italia dovrebbero dedicare un monumento alla badante. Con buona pace di Lucia Annunziata e di Antonio DI Bella.

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