Non si trovano giovani disposti a lavorare nei ristoranti di Roma e del Lazio. Tra le ragioni del niet: troppi sacrifici, troppe ore al chiodo, sabato e domenica dietro i fornelli o a servire il cliente (quindi niente movida e niente discoteca). Ma è proprio così? Non del tutto. Almeno a parere di Stefano Diociaiuti, segretario generale della Fisascat-Cisl di Roma Capitale e Rieti.
“Per trovare una spiegazione alla ‘mancanza’ di lavoratori per i ristoranti a Roma e nel Lazio non si deve andare lontano: dalle scuole di formazione professionale escono continuamente figure preparate a entrare nel comparto, e molte persone sono in cerca di occupazione nel settore.
Troppo spesso, però, ci si scontra con offerte occupazionali inaccettabili e svilenti” commenta Diociaiuti, aggiungendo che “ci vengono segnalate sempre più spesso proposte lavorative che possiamo definire, con un eufemismo, ‘inadeguate’: ci sono dei limiti, non si può accettare di essere sottopagati e sottodimensionati senza reazioni. Al tempo stesso, non si può liquidare una questione riguardante la ristorazione, comparto vitale per il tessuto sociale della Capitale, guardando il dito, ovvero la presenza di presunti ‘fannulloni’, e non la luna, ovvero la dignità del lavoro. Vanno sostenuti e incoraggiati i tanti imprenditori che applicano i contratti di settore nel rispetto dei dipendenti e, parallelamente, si deve contrastare il lavoro sommerso e mal pagato. Le persone hanno bisogno di un lavoro, sì, ma di un lavoro che sia dignitoso”.