Ammontano a 936 milioni di euro le risorse finanziate dall’Unione europea a vantaggio del Lazio nel settennio 2014-2020. Ed il Lazio è riuscito a spenderne anche di più: al 2020 gli investimenti effettuati, infatti, ammontavano a ben 964 milioni di euro, ben 28 milioni in più (praticamente il 103,0%).
Davvero un’eccezione e, una volta tanto, un motivo di vanto, rispetto a quanto fatto dalle altre regioni italiane che, alla scadenza del programma di sostegno, nel 2020, mediamente sono riuscite ad utilizzare sì e no la metà delle risorse Ue messe a disposizione, con il rischio che, a rendicontazione entro la fine di questo anno, vadano persi stanziamenti per oltre il 54% delle somme che erano a disposizione di tutta Italia.
Nei giorni scorsi l’associazione delle piccole e medie imprese Cgia ha diffuso una tabella riassuntiva delle risorse assegnate ad ogni regione e di quanto ognuna di queste è riuscita a spendere. Il Lazio è l’unica che ha utilizzato tutto il budget, anzi, come detto, ha fatto anche di più. Peggio di tutte la Sicilia che, a fronte di stanziamenti per 4,034 miliardi di euro rischia di perderne oltre 1,4.
Cosa è il fondo di coesione europeo
Le risorse in questione sono quelle che l’Unione europea mette a disposizione con il Fondo di coesione, che, istituito nel 1994, serve a finanziare con programmi pluriennali progetti a favore dell’ambiente e della rete trans-europea negli Stati membri il cui reddito nazionale lordo pro capite è inferiore al 90 % della media dell’UE e allo scopo di rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione europea per promuovere lo sviluppo sostenibile.
La situazione in Italia alla scadenza del programma 2014-2020
Dei 64,8 miliardi di euro di fondi europei di coesione messi a disposizione del nostro Paese nel periodo 2014-20201, di cui 17 di cofinanziamento nazionale, la spesa complessiva certificata da Bruxelles al 31 dicembre scorso è stata di 35 miliardi, pari al 54 per cento dell’ammontare totale che include anche la quota che gli italiani hanno dovuto sostenere. Entro il 31 dicembre 2023, data di scadenza di attuazione di questo settennato, bisogna riuscire a spendere i restanti 29,8 miliardi (pari al 46 per cento della quota totale), di cui 10 sono di cofinanziamento nazionale. Se ciò non avverrà, la quota di fondi UE non utilizzata andrà persa.
Perché non si riesce a utilizzare gli stanziamenti?
Una delle principali difficoltà è il mancato adattamento della Pubblica amministrazione italiana alle alle procedure imposte dall’UE ed il fatto che la macchina pubblica italiana presenta livelli di qualità dei servizi resi ai cittadini e alle imprese molto modesti e una efficienza che può contare ancora su ampi margini di miglioramento.
“Il personale, soprattutto dell’area tecnica – spiegano dalla Cgia – ha retribuzioni basse e, spesso, risulta, anche per questa ragione, poco motivato. Specificità che caratterizzano, in particolar modo, i dipendenti pubblici delle regioni e degli enti locali del Mezzogiorno. Va comunque segnalato che dei 19,9 miliardi di euro di risorse europee che dobbiamo “mettere a terra” entro la fine di quest’anno, 15,3 sono in capo allo Stato centrale (Progetti PON, FESR e FSE) e 4,6 alle regioni.
Insomma, sarebbe sbagliato “prendersela” solo con le amministrazioni periferiche; la necessità di investire nel personale pubblico riguarda, purtroppo, tutti i livelli. Come era prevedibile sono a rischio anche i fondi del PNRR. In attesa della presentazione del nuovo stato di avanzamento da parte di Italia Domani, secondo la Nota di aggiornamento al DEF (Nadef), presentata il 27 settembre scorso, entro il 31 dicembre 2022 dovremmo aver speso 20,5 miliardi di euro, praticamente la metà dei 41,4 miliardi previsti inizialmente dal DEF.
In questo caso, l’aumento del costo dei materiali avvenuto nell’ultimo anno ha frenato enormemente la realizzazione di molte opere pubbliche, facendo “saltare” molti obiettivi previsti dal PNRR. Tornando ai dati relativi ai Fondi di coesione, al 31 dicembre scorso, dei 21,2 miliardi finanziati dall’UE e gestiti dalle nostre regioni nel settennio 2014-2020, 16,6 sono stati spesi e gli altri 4,6 dovranno esserlo entro quest’anno. Le amministrazioni regionali più in difficoltà sono quelle del Mezzogiorno.
Entro la fine del 2023, pena la perdita delle risorse, la Puglia deve spendere altri 335 milioni di euro, la Calabria 616 milioni, la Campania 1,27 miliardi e la Sicilia addirittura 1,45 miliardi. In buona sostanza, al 31 dicembre scorso, la percentuale di spesa realizzata sul totale da ricevere era solo del 65,5 per cento in Calabria, del 65,7 per cento in Campania e del 64 per cento in Sicilia”.
RispondiInoltra |