Se qualcuno lo avesse ipotizzato negli anni ‘70, lo avrebbero preso per matto. Che un uomo possa percorrere in sella ad una bici da corsa quasi 57 chilometri in un’ora, girando in tondo sul tartan di una pista, ora non è più una fantasia. Però in quegli anni 70 il record dell’ora apparteneva ad Eddy Merckx, il più grande ciclista di tutti i tempi, almeno per i risultati raggiunti. In Italia ci piace pensare sia Coppi, l’Airone, perché le sue imprese sulle strade impolverate, su quelle salite epiche di Alpi e Pirenei sferzate dal vento, profumavano di leggenda. Merckx, il cannibale, Coppi il campionissimo, erano diversi come ciclisti e come uomini. In comune avevano la straordinaria capacità d’interpretare le cronometro e perciò entrambi si cimentarono con successo in quella che per i più grandi cronoman è una tappa obbligata: il record dell’ora. Fausto Coppi lo realizzò al Vigorelli di Milano, il 7 novembre del 1942, percorrendo 45 km e 798 metri. Quella performance rimase insuperata per 14 anni e per migliorarla ci volle l’impegno di colui che ad oggi viene considerato il più grande specialista di sempre delle “crono”, il francese Jacques Anquetil, che sulla stessa pista percorse in un’ora 46 km e 159 metri. Il 25 ottobre del 1972 ecco Eddy Merckx, che a Città del Messico cancella il danese Ritter e porta il record a 49 km 431 metri. Gli anni 90 sono di Francesco Moser, che con ruote lenticolari ed una preparazione mirata frantuma il vecchio record e lo porta a 51,151. Anche il trentino è un ciclista che, come Anquetil, ha legato alle prove contro il tempo alcune delle sue vittorie più belle e la sua prova di Città del Messico è già un salto nel futuro. Quasi 40 anni dopo, ecco un altro italiano sul tetto del mondo. Filippo Ganna, già due volte campione mondiale a cronometro, vola a Grenchen per scrivere la storia. Il gigante di Verbania ha vinto tutto il possibile nelle prove “tic-tac”, 5 tappe al Giro d’Italia e 2 campionati del mondo, e su pista è stato più volte campione del mondo nell’inseguimento individuale e trascinatore del quartetto, oro a Tokio nelle Olimpiadi. Vederlo in sella alla sua bici nelle crono è uno spettacolo unico di potenza e armonia. Per stile ed incisività della pedalata richiama proprio Moser, altro gigante della specialità che abbinava l’estetica alla potenza. A Grenchen non tutti credono nella concreta possibilità di Filippo di iscrivere il proprio nome nell’albo d’oro del record dell’ora, perché ai mondiali stavolta non è stato perfetto come sempre e perché il record di Bordman fa paura: 56,375. Filippo pedala contro lo scetticismo, il vento dispettoso e la fatica che all’improvviso lo assale e gli rende le gambe pesanti. “Negli ultimi cinque minuti avevo le gambe doloranti oltre ogni immaginazione – dirà raggiante a fine prova – non sono riuscito ad arrivare ai 57”. Ecco, in questa dichiarazione c’è l’essenza del campione, che nel momento in cui riscrive la storia offre a se stesso un motivo per migliorarsi ancora. Chi si contenta gode non è proverbio applicabile allo sport, in specie a quelli individuali. Filippo Ganna, il gigante di Verbania, è già pronto per la prossima sfida.