La storia dell’atletica leggera azzurra è legata ai 200 metri piani in modo indissolubile. Due nomi su tutti: il primatista mondiale, campione olimpico ed europeo Pietro Mennea e il vincitore delle Olimpiadi di Roma del 1960, Livio Berruti. Per parlare di Mennea servirebbe un libro, perché in un semplice articolo le meraviglie della Freccia del Sud sarebbero necessariamente compresse. Basti dire in questa sede che per tanti anni lui è stato l’atletica italiana, senza mancare di rispetto a Sara Simeoni, Marcello Fiasconaro ed altri campioni di quegli anni in cui solo alcuni eccelsi atleti riuscivano a confrontarsi in modo credibile con il meglio del continente e del mondo.
Anche di Livio Berruti è stato detto e scritto un po’ tutto. Diverso da Pietro Mennea per carattere, temperamento e per regione d’origine, ma egualmente simbolo di un’Italia che voleva trovar spazio nel gotha di una specialità universale.
Di recente Filippo Tortu ha sfiorato la conquista del titolo europeo della specialità, battuto un po’ a sorpresa dallo svizzero Mumenthaler (20″41 per il sardo/lombardo, 20″28 per il rossocrociato).
C’è però un italiano che nei 200 metri ha di recente conquistato un titolo mondiale. A quasi 78 anni Livio Bugiardini, atleta di Porto Sant’Elpidio, si è infatti fregiato del titolo mondiale della categoria M 75 correndo il mezzo giro di pista in 29″64. Ha il nome di battesimo di Berruti, ma fino a 60 anni non sapeva cosa fosse l’atletica, o meglio lo sapeva solo perché aveva un figlio agonista. Poi però il figliolo è diventato il suo allenatore e Bugiardini ha scoperto in età un pochino avanzata il suo grande feeling con la velocità. Corre dai 100 ai 400 metri, ma è sui 200 che il suo potenziale lo porta ad essere l’eccellenza assoluta nella sua fascia d’età (ha un primato personale di 28″ netti). Da giovane Bugiardini ha giocato a calcio e ha corso in gare podistiche, ma con la velocità ha trovato la sua dimensione ideale. Ha intenzione di correre fino a 100 anni, o almeno così dice tra il serio e il faceto.