Da gennaio si ferma la produzione di latte Parmalat presso la Centrale del Latte di Roma, ancora controllata dalla francese Lactalis, nonostante la sentenza del Tribunale che ha annullato la vendita delle quote azionarie alla società d’oltralpe e consegnato il pacchetto di quote al Comune di Roma che ne sarebbe ora il proprietario.
Parmalat, oggi in mano di Lactalis, ha annunciato direttamente ad una delegazione di lavoratori che, dal primo gennaio 2023, tutta la produzione a proprio marchio, che oggi esce dalla Centrale del Latte di Roma, pari a circa il 48% della produzione complessiva, sarà interrotta e portata altrove.
Attualmente la Centrale dà lavoro a 162 dipendenti mentre l’indotto conta circa 1.200 persone impegnate.
L’annuncio di Lactalis arriva al termine di una lunghissima battaglia giudiziaria sulla proprietà della Centrale, che si sta disputando da oltre 24 anni. Vicenda ora in attesa, dopo il ricorso dei francesi, dell’ultimo grado di giudizio in Cassazione.
Ieri, il consigliere regionale della Lega, Daniele Giannini, ha invitato il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ad avviare tutte le azioni necessarie a salvare l’azienda e i posti di lavoro che rappresenta: “La Centrale del Latte di Roma, vero e proprio patrimonio agricolo della Capitale, va salvata con una mossa fulminea da parte del Comune, altrimenti si rischia di mettere il latte capitolino completamente nelle mani di una azienda francese e lasciare per strada un indotto di almeno un migliaio di lavoratori” ha detto Giannini, membro della Commissione regionale Lavoro. “Gli agricoltori nostrani di Finlatte – ha aggiunto – che ad oggi controllano il 16% della società, si sono detti disponibili a gestire l’impianto fino a sentenza definitiva della Cassazione. Se ciò non dovesse avvenire, da gennaio, si rischia concretamente di perdere metà della produzione. Il sindaco Gualtieri chieda subito la convocazione di un consiglio di amministrazione in cui pretendere da Parmalat, gestore per conto dei francesi di Lactalis, la riconsegna di tutte le azioni, come sancito dal secondo grado di giudizio, in Corte d’Appello. Nomini poi – ha aggiunto ancora il consigliere – un nuovo Cda, inserendo all’interno rappresentanti di Roma Capitale e degli agricoltori di Finlatte, affidando a quest’ultima la gestione dello stabilimento nel ‘periodo finestra’. Roma faccia uno scatto di reni per difendere i suoi allevatori, il made in Italy e il latte a km 0 prodotto nella nostra città, con cui – conclude Giannini – sono già cresciute, orgogliosamente, generazioni di nostri concittadini”.
I guai della Centrale del Latte iniziano nel 1998 quando l’allora patron di Parmalat e della Lazio, Sergio Cragnotti, acquista il 75% dell’azienda dal Comune di Roma per 80 miliardi di lire tramite la Cirio. L’anno prima, per decidere della privatizzazione dell’azienda (fino a quel momento una municipalizzata) si era anche tenuto un referendum consultivo cittadino che però per pochi voti non aveva raggiunto il pur basso quorum di validità (25% degli aventi diritto). Il contratto di cessione prevede però una clausola che avrebbe dovuto impedire a Cragnotti di vendere l’azienda prima che fossero trascorsi 5 anni. Ma Cragnotti, che le 1999 finisce in bancarotta, la cede alla Parmalat di Calisto Tanzi, pagando al Comune una penale di 15 miliardi di lire e ritenendo così di aver sanato la questione.
A seguito di questa cessione, però, iniziano una serie di cause legali tra diversi soggetti che si trascinano per anni e anni. C’è chi chi chiede l’annullamento della prima cessione perché da tempo punta a quell’acquisto e chi chiede di annullare la successiva vendita. Vicende che finiscono davanti ai tribunali della giustizia sia amministrativa che civile, non essendo sempre chiara la giurisdizione competente.
In particolare la vendita di Cragnotti e Tanzi, in violazione della clausola contrattuale, è stata impugnata in tribunale dall’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno. La vicenda giudiziaria si è trascinata anche qui per molto tempo, fino allo scorso aprile, quando i giudici d’appello hanno confermato la sentenza di primo grado e dato ragione al comune capitolino, che ha ottenuto così la titolarità di tutte le quote cedute ai francesi, divenendo di fatto l’azionista di maggioranza.
La sentenza, però e come detto, è stata appellata per Cassazione dalla Lactalis e si è in attesa del definitivo giudizio. Nel frattempo i francesi si sono tenuti strette le quote intestate a Parmalat e la gestione dell’azienda. Ora la mossa della società francese che ha deciso di far produrre il latte Parmalat altrove a partire da gennaio prossimo.