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Il Pd e la scelta low profile nel Governo di Latina. Nonostante il centrodestra in crisi manca di strategia

Marco Battistini
Una domanda ai tanti dirigenti e militanti democratici pontini: quale partito vuole essere il Pd nell’area pontina?
Marzo 26, 2022
pd-comune-latina
Forte e La Penna

Essere, o non essere, è questo il dilemma. Dalla celebre frase dell’Amleto di William Shakespeare traiamo spunto per porre una domanda ai tanti dirigenti e militanti democratici pontini. Quale partito vuole essere il Pd nell’area di Latina?
I mesi successivi al voto amministrativo sono stati caratterizzati dall’avvio di un processo di rinnovo delle cariche interne del Pd locale. Le scelte di Omar Sarubbo alla segreteria provinciale e del giovanissimo Leonardo Majocchi in quella del capoluogo hanno reso evidente l’intenzione di voltare pagina rispetto al passato. Non certo vecchi notabili della politica ma personalità volenterose e appassionate.
Dettò ciò, il loro compito, come del resto anche quello dei rappresentanti istituzionali del Pd dovrebbe essere quello di indicare una strategia chiara sia nel campo amministrativo che sul piano squisitamente politico-elettorale. Perché ad oggi l’atteggiamento ‘low profile’ assunto dall’intero gruppo dirigente rischia di deludere le aspettative. Ci sarebbe bisogno di una forza politica più coraggiosa nelle scelte, e con la voglia di cambiare e rischiare.

IL LOW PROFILE DI GOVERNO

Sul piano amministrativo in particolare, andrebbero chiamati in causa gli eletti nei Comuni. In particolare su Latina ci si aspetta un contributo di spessore dal gruppo consiliare. Il Pd è al governo della città per la prima volta e le attenzioni di tanti addetti ai lavori è rivolta proprio alla capacità di governo che dovrebbe esprimere la principale forza del Paese, anche in chiave locale.
Il Pnrr può dare a Latina un’occasione unica di crescita e sviluppo. In tempi non sospetti proprio i dem avevano rilanciato la necessità di istituire una cabina di regia in vista del centenario della città, magari coinvolgendo forze sociali, imprenditoriali, il mondo della ricerca e dell’Università. Ci si chiede se quell’idea verrà riempita di contenuti. Come del resto ci si aspetta un’attenzione particolare al tema dell’edilizia residenziale pubblica, che risponde ad una esigenza abitativa urgente e che va affrontata. Giusto anche porsi l’interrogativo su quali modelli si cercherà di imperniare l’intervento nella materia urbanistica. Sulla marina sarebbe interessante capire qual è la posizione del Pd sulla realizzazione del porto di Foceverde in primis.

Come pure sarebbe utile capire se il Pd sia intenzionato ad affrontare emergenze ambientali quali l‘area ex Svar e l’ex Pozzi Ginori, tanto care agli ‘ecologisti’ di casa nostra, magari utilizzando proprio i fondi messi a disposizione dal Pnrr. Più in generale è lecito chiedersi se il Pd abbia una chiara visione di sviluppo della provincia e inserirla in un sistema regionale. Un ambito nel quale i dem possono e devono dare il contributo maggiore. Insomma ci si aspetta dal Pd un’azione più incisiva e all’insegna della concretezza e non solo delle buone intenzioni.

LA COLLOCAZIONE POLITICA

L’altro elemento dovrebbe essere quello della necessità di un rinnovamento profondo non solo generazionale ma di metodo e di idee. Per far ciò i dirigenti del Pd dovrebbero ripensare alla collocazione del partito, anche e soprattutto alla luce di quanto sta avvenendo in chiave nazionale.
Si tratta di capire se il Pd, sempre più essenziale per il fronte ‘draghiano’, sia in grado di raccogliere le sfide difficili del nostro tempo. Per farlo, piaccia o non piaccia a un certo mondo di sinistra, il Pd deve spostarsi al centro o comunque deve stare al centro, senza inseguire il M5S. Altrimenti, trascinato proprio dalla crisi della sinistra, come si registra quasi ovunque in Europa, il suo compito cadrebbe fuori dal perimetro dell’affidabilità.
E la strategia di Enrico Letta sembra andare in quella direzione. Quella di un ‘Nuovo Ulivo‘ o campo largo che dir si voglia. Continua a essere questo l’obiettivo del segretario del Partito Democratico. Il metodo politico che propone Letta è chiaro: sostenere il governo Draghi, dialogare con tutto il centrosinistra M5S compreso, favorendo l’ingresso nell’area delle forze liberaldemocratiche, aprire il Pd superando le correnti e guardando ai giovani e alle donne. Mettendo insieme i temi dei diritti civili e di un’economia liberale sostenibile.
Sul piano concreto il leader del Pd punta ad aprire all’area liberaldemocratica (Calenda, Bonino, Renzi) e persino all’ala governista di Forza Italia. Rendendo così il M5S più marginale o comunque meno essenziale. La scarsa affidabilità dei ‘grillini‘ d’altronde è sotto gli occhi di tutti. 
Questa strategia di fondo del segretario dem andrebbe perseguita con maggiore forza dai dirigenti pontini, per il momento ancorati ad una sostanziale difesa del loro limitato recinto elettorale. Non bastano gli accordi per le ‘larghe intese’ (vedi Comune di Latina e Provincia) per apparire più aperti o diversi dal passato.
Sembra mancare la consapevolezza di un’occasione storica per i dem, che potrebbero approfittare dell’agonia del centro-destra pontino in crisi profonda e dilaniato dalle lotte intestine, per avvicinare non solo (e tanto) l’elettorato moderato, ma quello più pragmatico e non ideologico, per anni sedotto (e abbandonato) da Forza Italia e la Lega, ma oggi definitivamente disilluso e rassegnato.
Quindi un Pd non di centro nel senso più democristiano del termine, ma centrale e post-ideologico. Per far ciò a Latina e dintorni dovrebbero uscire dai soliti schemi e ‘giochini’ fra correnti, e mettere in campo una strategia di più ampio respiro. I vari Forte, La Penna e Sarubbo saranno in grado di farlo? 

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