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Il senso smarrito della mediazione

Licandro Licantropo
Davvero i leader locali del Pd preferiscono che il congresso provinciale venga deciso a tavolino dalle commissioni di garanzia piuttosto che confrontarsi sul piano della politica? Al Comune di Frosinone tutti aspettano le mosse degli altri: Riccardo Mastrangeli, Domenico Marzi, i “dissidenti”. La priorità è non assumere iniziative. Ma il “gong” potrebbe suonare prima del tempo.
Gennaio 12, 2025
Il "gong" che prima o poi potrebbe suonare a Frosinone per l'amministrazione Mastrangeli

Il decisionismo in politica paga. Sempre e subito. Il ruolo determinante del presidente del consiglio Giorgia Meloni nella liberazione della giornalista Cecilia Sala ha portato ad una ulteriore crescita di Fratelli d’Italia nei sondaggi. Proiettando il partito a superare quota 30%.
Dalle nostre parti, invece, si preferisce tirare a campare, non prendere l’iniziativa mai fino in fondo. Tanto si va avanti lo stesso, indubbiamente. Ma come? Prendiamo il congresso della federazione provinciale del Partito Democratico. Siamo nella fase della decisione sui ricorsi presentati per via di quanto accaduto nella riunione della commissione congressuale del 23 dicembre scorso. In gioco ci sono 1.200 tessere su un totale (comprese quelle online) di 5.000. Possono essere determinanti.
La commissione regionale di garanzia, guidata da Alberto Tanzilli, ha “preso in carico” i 33 ricorsi che sono stati presentati. Ora dovranno essere istruiti e poi ci sarà la valutazione. Ma c’è la possibilità successiva di rivolgersi alla commissione nazionale di garanzia, come fosse una sorta di “appello”. I tempi del congresso slitteranno? Probabilissimo. Intanto di fatto la platea dei votanti è congelata: le tessere sottoscritte sono valide ma bisognerà attendere l’esito dei 33 ricorsi per capire se e quando potranno votare quelli che si sono iscritti dal 23 al 31 dicembre. Inoltre c’è la circostanza che, con le dimissioni di sei degli undici membri, la commissione congressuale è decaduta. Ergo, ne deve essere costituita un’altra. Ma c’è un problema: chi la vota, visto che la direzione provinciale nel frattempo è stata sciolta? Un labirinto.
Nel frattempo va ricordato che la direzione regionale del partito ha indicato nel 20 gennaio il termine per presentare le candidature alla segreteria. Che sono due: Achille Migliorelli (sostenuto da AreaDem di Francesco De Angelis e Parte da Noi di Danilo Grossi) e Luca Fantini (appoggiato da Rete Democratica di Sara Battisti e Base Riformista di Antonio Pompeo).
La domanda che tutti si fanno è: la politica dove è finita? All’interno dei partiti il tasso di conflittualità è sempre alto, nel Pd in particolare. Davvero però si vuole delegare la decisione totalmente alle commissioni di garanzia? In altri tempi Francesco De Angelis e Sara Battisti si sarebbero già seduti attorno allo stesso tavolo, allargandolo a Mauro Buschini e Antonio Pompeo, ad Adriano Lampazzi ed Enrico Pittiglio. Ad Enzo Salera e Giampiero Di Cosimo. Questo ancora non è accaduto. E chissà se accadrà mai.
Forse alcuni confidano che saranno Daniele Leodori e Claudio Mancini a risolvere la situazione a Roma? Magari sì. In questo modo però i livelli locali del partito non riusciranno ad incidere come dovrebbero. E’ già successo. Non è per caso che il Pd locale non esprime da tempo un europarlamentare, un deputato o un senatore. D’accordo che la legge elettorale è cambiata, ma il problema è il peso politico a Roma. Continuare a guardarsi l’ombelico senza decidere mai in prima persona produce questi effetti. Non è una questione di “conta” al congresso. Quella può starci tranquillamente, tra Achille Migliorelli e Luca Fantini. I rapporti di forza possono servire a stabilire il quadro d’insieme, ma se un partito non è capace di trovare una “sintesi” sul percorso futuro, allora cosa ci stanno a fare gli organismi dirigenti? Il punto vero è questo. Infatti nei mesi scorsi sia il segretario e consigliere regionale Daniele Leodori che il parlamentare Claudio Mancini avevano delegato ai livelli locali la gestione del congresso. Si è arrivati all’esame dei ricorsi e questo vuol dire che finora l’approccio politico è fallito. Se c’è tempo di recuperare lo vedremo.

AL COMUNE AVANTI COME SEMPRE

A Frosinone sono iniziati i lavori per la riqualificazione di piazzale Kambo. Dureranno parecchio. L’inferno dei disagi annunciati è scoppiato immediatamente. Per i pendolari soprattutto, ma anche per i residenti, le famiglie, i commercianti.
Sul piano politico l’Amministrazione Mastrangeli sta andando avanti come nei primi due anni e mezzo. Guardandosi bene dal prendere una decisione vera e definitiva. La maggioranza in realtà non c’è, si ferma a 16 voti su 33. Ma sa che nessuno la manderà a casa, con le dimissioni di massa o con una mozione di sfiducia (in entrambi i casi occorre arrivare a 17). Però nessuno affronta i problemi che ci sono. Massimiliano Tagliaferri, presidente dell’aula, ha chiesto un azzeramento della giunta e una verifica per… ritrovare il centrodestra. Nessuna risposta. I gruppi delle opposizioni abbozzano delle aperture ma non effettuano lo scatto decisivo. In particolar modo la lista che fa riferimento all’ex primo cittadino Domenico Marzi. Il quale aspetta che sia Mastrangeli a certificare il fallimento della coalizione che lo ha eletto. Per poi far scattare il “soccorso rosso”.
Un primo passo, prontamente ripreso nelle dichiarazioni di Anselmo Pizzutelli a Ciociaria Oggi lo ha fatto in Consiglio quando Mastrangeli ha detto che “negli ultimi venti anni solo lui si è occupato di Urbanistica in questa città” disconoscendo sforzi e impegno sul tema dell’ex sindaco Nicola Ottaviani. È stato il primo “occhiolino” che l’aspirante amante fedifrago (Mastrangeli) fa alla preda scelta per una nuova relazione (Marzi) con lo scopo di “tirare a campare per non tirare le cuoia (cit. Giulio Andreotti, 1992).
Il Sindaco prende tempo. In realtà non sa se la nuova love-story andrà a buon fine, insiste in un tiki-taka sterile, autoreferenziale e anche un po’ pericoloso perchè quella vecchia volpe di Ottaviani tutto vuole meno che un pastrocchio senza politica infarcito di salse vannacciane condite con sapori radical-chic piuttosto scaduti. Tuttavia, le “fuitine” del Sindaco continuano a godere di una certa compiacenza degli otto “dissidenti”: scatenati nei question time e perfino nelle sedute ordinarie ma “attendisti” nell’ufficializzare il passaggio dall’appoggio esterno all’opposizione. In questo modo tutto resta fermo al punto di partenza e ognuno mantiene il proprio spazio di azione. Per le decisioni vere e per mettere in sicurezza una città mai così decadente e disordinata e un’amministrazione intossicata da sospetti e veleni c’è tempo. Anche se non sembra impossibile che il “gong” possa suonare molto prima del tempo.

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