Non solo la pandemia, i rincari energetici ulteriormente aggravati dalla guerra in Ucraina: ora a pesare sul futuro delle imprese è soprattutto la cattiva burocrazia che, secondo un recentissimo studio della Cgia di Mestre, sottrae alle imprese italiane circa 57 miliardi all’anno.
Su 27 paesi europei, l’Italia si colloca così al 24esimo posto secondo una classifica che organizza in maniera discendente gli stati Ue, dai più burocraticamente efficienti ai meno capaci: il Belpaese è in coda alla lista per qualità percepita dei servizi pubblici in percentuale alla popolazione (è stato intervistato un campione rappresentativo degli italiani dai 15 anni in su).
Se possibile, nel Lazio la situazione è ancora peggiore: su 208 regioni europee prese in esame, la nostra è 181esima; con un indice EQI 2021 (Indice europeo sulla qualità istituzionale) pari a -1,21 secondo una scala che ordina dalla regione migliore (la finlandese “Åland” con +2,28) alla peggiore (Bucuresti–Ilfov in Romania con -2,16). Le regioni italiane si posizionano nella parte bassa della classifica (dal 100° posto in giù su un totale di 208 territori) con Campania e Calabria al terzultimo e al penultimo posto nell’Unione Europea.
Lo studio
“A causa dell’eccessivo numero di adempimenti, di permessi e l’espletamento delle pratiche richieste dalla nostra burocrazia – spiega lo studio della Cgia -, il costo annuo in capo alle imprese italiane ammonta a 57 miliardi di euro. I tempi, i costi e la farraginosità della cattiva burocrazia italiana costituiscono un problema che caratterizza negativamente il nostro Paese, all’interno del quale sono presenti forti differenziazioni tra Nord e Sud, nonché tra regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale.
Nel Mezzogiorno, dove la nostra Pubblica Amministrazione (PA) è meno efficiente, la situazione è maggiormente critica. Non è un caso, infatti, che molti investitori stranieri rifiutino a trasferirsi in Italia
proprio per la difficoltà di approcciarsi con il nostro sistema burocratico che non ha eguali tra i nostri principali partner europei. E come segnala l’OCSE, la produttività media del lavoro delle imprese italiane è più elevata nelle zone dove l’Amministrazione pubblica è più efficiente. Per contro, dove invece è più bassa, la produttività del settore privato ne risente negativamente. In questo studio, inoltre, si dimostra che l’inefficienza del settore pubblico “produce” maggiori costi economici alle piccole che alle grandi imprese”.
Dalla Cgia anche una proposta su come potrebbe essere riorganizzata la burocrazia in Italia: “il miglioramento dell’efficienza della macchina pubblica deve svilupparsi secondo tre direttrici: innanzitutto attraverso una digitalizzazione estesa del rapporto tra PA e imprese, soprattutto attraverso il dialogo tra le banche dati pubbliche; standardizzazione dei procedimenti e della modulistica; riorganizzazione delle competenze e riduzione del numero di enti pubblici coinvolti nel medesimo procedimento. In questo modo si creeranno le condizioni per applicare finalmente il principio dell’ “once only”, in base al quale le
pubbliche amministrazioni non possono chiedere all’impresa i dati già in loro possesso”.