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La Juve inciampa nella maledizione degli ottavi

Roberto Mercaldo
Anche l’ultima italiana saluta la massima competizione europea, travolta nel finale dal Villareal
Marzo 17, 2022
Champions League-daniele rugani-juventus-milan-inter
Il difensore della Juventus, Daniele Rugani

Sembra sia trascorsa un’era geologica, eppure non sono passati neanche vent’anni. Alle semifinali della Champions League approdarono tre formazioni italiane: Juventus, Milan e Inter.

La sola intrusa si chiamava Real Madrid e in semifinale toccò alla Juve sbarazzarsene, grazie a Trezeguet, Del Piero e Nedved. Finale tutta italiana, tra i bianconeri e il Milan, che nel doppio confronto meneghino s’impose di misura, per la regola dei gol in trasferta. E nell’atto conclusivo, ad esultare dopo i calci di rigore più parati della storia, furono Dida e ‘Sheva‘.

Nel 2007 il Milan tornò sul tetto d’Europa, battendo il Liverpool e prendendosi una perentoria rivincita di una finale con i reds persa due anni prima a dispetto di un triplo vantaggio. Nel 2010 toccò all’Inter rimpinguare il bottino italiano e portare a 12 i successi dei nostri club nella massima competizione europea. Nessuno, in quel 22 maggio, avrebbe potuto ipotizzare 12 anni di digiuno (ahimè, serie aperta, come si usa dire nel basket). Da allora, solo due finali, entrambe disputate e perse dalla Juventus di Allegri: nel 2014 contro il Barcellona, nel 2017 contro il Real Madrid. Nemmeno l’approdo di Cristiano Ronaldo all’ombra delle Mole è servito a rompere l’incantesimo, e le uscite di scena dei bianconeri sono arrivate puntualmente ai quarti e poi, per tre volte di fila, agli ottavi.

A rendere più amaro il verdetto, il nome e la caratura delle formazioni che hanno estromesso la Juve: Lione, Porto e Villareal, non proprio i colossi del calcio europeo. L’edizione 2022 ha rispedito al mittente le 4 formazioni italiane in modo davvero brutale: fuori ai gironi Milan e Atalanta, escluse negli ottavi Inter e Juventus. Se l’Inter può in qualche modo consolarsi con il successo in casa del Liverpool, insufficiente a completare la rimonta dopo lo 0/2 casalingo, per la Juve i punti di domanda sono più inquietanti, perché per la quarta volta di fila fatale si è rivelata la gara casalinga, stavolta dopo un pari ottenuto in trasferta. Avere fuori per infortunio Bonucci, McKennie, Zakaria, Chiesa e praticamente indisponibili Chiellini e Dybala non può essere considerato un elemento irrilevante, ma resta un’eliminazione bruciante, patita al cospetto di un team che nella Liga veleggia in modo anonimo al settimo posto della classifica.

Agli italiani, tradizionalmente maestri di tattica, Emery ha giocato un tiro mancino. Dopo aver rischiato di subire tre gol in un primo tempo a forti tinte bianconere, il tecnico del ‘sottomarino giallo’ ha pensato bene di munire ancor più il pacchetto arretrato, chiudendo ermeticamente anche quelle corsie laterali dalle quali erano arrivati i pericoli. Con una mezz’ora di 5-5-0, il Villareal ha messo in evidenza la pochezza di idee e l’incapacità di verticalizzazione della squadra bianconera. Poi, uscito d’improvviso dal guscio, ha trovato in Rugani un involontario alleato e, dopo il vantaggio dal dischetto, ha colpito implacabilmente una Juve stordita e totalmente incapace di reagire.

Così, è arrivata un’altra solenne bocciatura per il team di Allegri e per un calcio italiano che sembra oggettivamente distante dai suoi fasti, nemmeno così datati. Bayern, City, Liverpool, Real Madrid ed anche l’eliminato PSG sembrano oggettivamente fuori portata per le nostre formazioni, che poi riescono a buscarle anche da altri team meno blasonati, ad evidenziare una crisi per la quale non si vedono all’orizzonte concrete vie d’uscita. I club più attrezzati corrono di più e corrono meglio rispetto ai nostri. Questa è un’evidenza che esula dal contesto tecnico e appesantisce il gap. Forse un po’ più di coraggio non guasterebbe.

Una Juve così rimaneggiata non avrebbe potuto attingere dal suo team Primavera, che battendo il Liverpool ha guadagnato la semifinale di Youth League? Si dice un gran bene di Soulè, mancino talentuoso e con attitudine al gol, e anche Miretti, Akè e Chibozo hanno evidenziato doti non comuni. Con l’infermeria piena, avrebbero potuto rappresentare un’alternativa coraggiosa, ma in prima squadra nessuno li ha visti. Al 2023 le risposte, intanto dobbiamo contentarci di far da spettatori.

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