Nel Lazio da qualche anno a questa parte ha prevalso l’accanimento fiscale. Come certificato, per il 2020, dalla stessa analisi del Mef – Dipartimento delle finanze, secondo il quale: “L’addizionale regionale media varia dal minimo di 270 euro in Sardegna al massimo di 630 euro nel Lazio, mentre l’addizionale comunale media varia dal minimo di 90 euro in Valle d’Aosta al massimo di 260 euro nel Lazio”.
Si tratta com’è noto delle principali imposte su cui si esercita la potestà legislativa delle regioni. Poca cosa, si potrebbe dire, stando ai numeri, se un simile atteggiamento non fosse rilevatore di una cultura ben più pervasiva.
ZINGARETTI E LA STANGATA SOTTO ELEZIONI
A dimostrazione di quanto detto, va solo ricordato che nel 2022, a seguito delle modifiche introdotte negli scaglioni Irpef, a livello nazionale, la Regione Lazio di Zingaretti, al pari delle altre regioni, ha dovuto modificare la disciplina relativa alle addizionali. E lo ha fatto, in peggio, non solo mantenendo il primato dell’accanimento. L’aliquota in assoluto è sempre la più alta. Ma, in più, ha mantenuto un extra prelievo dello 0,5 per cento che era dovuto per far fronte al piano di rientro sanitario, chiuso da tempo (primavera del 2020).
Quindi palesemente illegittimo. Come ciliegina sulla torta, la stessa legge garantiva un bonus di 300 euro per i redditi con un imponibile inferiore a 40 mila euro annui. Risultato? Il loro quasi completo sgravio. Per cui l’intero gettito dell’addizionale graverà sui percettori un reddito maggiore. Sui ricchi, appunto. Con buona pace di qualsiasi criterio di progressività. Trasformato in puro e semplice saccheggio.
Ci si può sorprendere, allora, se nel frattempo, di fronte ai limiti di una visione più complessiva, il debito sia progressivamente cresciuto? Secondo i dati di Banca d’Italia, esso è passato dall’8,1 per cento del Pil laziale del 2001, al 14,7 del 2021. La progressione è stata continua, con un piccolo décalage, tra il 2009 ed il 2011. Quindi un balzo successivo (16,3 nel 2015) e infine il calo ai valori indicati in precedenza. Va aggiunto che nel giugno 2021 il Lazio vantava il non nobile primato di essere il principale responsabile (24,2 per cento) dell’alto debito regionale complessivo (oltre 120 miliardi di euro). Al secondo posto la Campania, ma con una percentuale di gran lunga (13,6 per cento) inferiore. Piccole grandi pene, insieme ai punti indicati in precedenza, che graveranno sulla testa del neo-presidente.
MENO TASSE, LA RICETTA POSSIBILE
Al centrodestra in particolare va attribuito il compito di cambiare il paradigma di questa politica improntata su austerity e tasse. L’unica ricetta possibile è quella del taglio di queste imposte. Soprattutto l’Irpef. Sarebbe opportuno ridurre questa aliquota, abbassandola almeno all’1% per i redditi fino a 28mila euro e dell’1,20% per coloro che dichiarano fino a 50mila euro. La futura amministrazione regionale dovrebbe inoltre agire introducendo concrete misure per la crescita del Lazio, interventi veri che prevedano opportunità per le imprese, che favoriscano le famiglie che non arrivano neanche alla metà del mese. Nell’ottica di combattere l’evasione del pagamento del bollo auto (circa la metà dei contribuenti del Lazio, infatti, non paga questa tassa), la Regione ha deciso di applicare uno sconto del 5% per i cittadini che verseranno regolarmente la tassa.
Una proposta realistica sarebbe quella di aumentare questo sconto, fino al 10%, in modo da invogliare più cittadini a pagare riprendendo quindi ad avere un gettito superiore rispetto all’attuale. Queste alcune misure credibili e realistiche che i contribuenti del Lazio si aspettano dalla nuova amministrazione regionale. Il centrodestra sarà chiamato alla prova dei fatti e dovrà accontentare il proprio elettorato, composto prevalentemente da liberi professionisti, imprenditori e partite Iva in generale. E il popolo che invoca il taglio delle tasse a dare la spinta finale a Rocca e alla sua coalizione. Vale la pena ricordarlo.