La Stazione Tav si può fare soltanto nell’area già individuata tra i territori di Ferentino e Supino. Questo è emerso chiaramente nel corso dell’inutile e pleonastica seduta aperta del consiglio comunale di Frosinone. Domani analoga iniziativa si farà a Ferentino, sede che potrebbe essere individuata per l’importante infrastruttura. In un recente emendamento della Lega alla manovra economica (firmato anche dal deputato Nicola Ottaviani) c’è scritto che l’intenzione è quella di effettuare, nel limite di una somma di 3 milioni di euro per il 2025, un progetto di fattibilità tecnica ed economica per una stazione ferroviaria sulla linea Alta Velocità Roma-Napoli, “individuata nelle zona Frosinone, Ferentino e Supino”.
Un’iniziativa “stramba”, un’ottavianata evidentemente studiata solo per uscire dall’’oblio politico e ritrovare una visibilità fortemente appannata dalle scellerate scelte sulla mobilità cittadina, nel capoluogo, che hanno costretto il povero Mastrangeli a barcamenarsi tra le feroci critiche di commercianti e automobilisti e le esigenze di contabilità per le quali un giorno, con l’eventuale e probabile aborto di BRT e piste ciclabili, potrebbero trovarsi di fronte alla Corte dei Conti amministratori di ieri e di oggi della città.
Ottaviani gioca ancora una volta con le parole e cerca di piazzare un emendamento che non significa nulla. Chiede tre milioni e mezzo al governo per uno studio di fattibilità (un altro?) per capire se un giorno si potrà fare la stazione a Ferentino. Gioca con le parole perché continua a inserire la denominazione Frosinone in un territorio che non è del capoluogo (non sarebbe meglio chiamare l’eventuale fermata Alta Ciociaria per esempio?) e si inserisce maldestramente in quello che sembra (volesse il cielo…) diventata una priorità del governatore Francesco Rocca (sollecitato in silenzio in questi mesi dal deputato Massimo Ruspandini e dai consiglieri Daniele Maura e Alessia Savo).
Rocca, da uomo pragmatico qual è, chiede uno stanziamento di cento milioni al governo. Perché poi la chiave di tutto sono i soldi. E se dovesse riuscirci (altro che emendamento per lo studio di fattibilità) allora si che il progetto potrebbe prendere quota dalle parti delle Ferrovie.
Qui l’ad Stefano Donnarumma (in ottimi rapporti con Meloni e Salvini) e che già dai tempi di Acea seguiva con grande interesse le problematiche del nostro territorio potrebbe contribuire a far decollare quel progetto che fino ad oggi prima Zingaretti (con la finta cerimonia organizzata grazie alla complicità di Gianfranco Battisti) e ora quel furbacchione di Ottaviani tentano di utilizzare esclusivamente per mero calcolo propagandistico. Convocando (udite, udite) un consiglio comunale per parlare del “trenino” che dovrà collegare la stazione di Frosinone alla fermata del treno ad Alta Velocità.
Di cui, ad oggi, non esiste nulla. Se non la promettente volontà del presidente Rocca e il prudente ma fiducioso lavorio dei parlamentari e dei consiglieri regionali di FdI del territorio.
Insomma, sulla questione, se non fosse tragica la situazione sarebbe comica…
Tornando alla seduta a Palazzo Munari il dibattito consiliare è apparso abbastanza scontato e non sono emersi elementi nuovi. Neppure si è capito benissimo il motivo dell’urgenza. La seduta è stata convocata in poche ore. E questo ha finito altresì per rendere impossibile la partecipazione di parlamentari e presidenti di associazioni di categoria. L’intervento di Nicola Ottaviani non ha aggiunto nulla ai termini della questione. Hanno parlato anche diversi sindaci, a cominciare naturalmente da Riccardo Mastrangeli. E i consiglieri regionali Sara Battisti e Alessia Savo (piuttosto contrariata da questa entrata a gamba tesa dell’ex sindaco, inopportuna e fuori tempo, proprio mentre il presidente della Regione sembra voler prendere di petto la questione…)
D’altronde tutti hanno capito, da Maurizio Stirpe a Unindustria che la Tav è l’unica opera che potrebbe mettere in moto un rilancio vero della provincia di Frosinone. Ma per cercare di centrare l’obiettivo è necessario davvero fare squadra, non disperdere le forze e trasmettere l’idea di una unità sostanziale. Come ha detto in una recente intervista a Ciociaria Oggi il presidente degli industriali Corrado Savoriti: “La Stazione dell’Alta Velocità va realizzata dove è stata individuata: nell’area tra Ferentino e Supino. Altrimenti non si farà mai. Altre ipotesi rischiano solo di disperdere le forze. Dobbiamo porci dal punto di vista dell’investitore, vale a dire Ferrovie dello Stato. Voglio dire che la Stazione Tav va pensata come opera di bacino, con un compasso di almeno 60 chilometri. Punto di riferimento non soltanto per l’area nord della provincia, ma anche per il cassinate, la Valle del Liri, la provincia di Latina. E perfino oltre. Capisco le motivazioni e le ambizioni dei Comuni, ma i campanilismi rischiano di allontanare gli investitori”.
Che la Stazione Tav possa essere realizzata soltanto nell’area tra Ferentino e Supino lo hanno detto tutti in questi anni: l’allora ad di Ferrovie dello Stato Gianfranco Battisti (ma solo per entrare nelle grazie di Zingaretti), l’ex presidente della Provincia Antonio Pompeo (che lo ha ribadito in queste ore) e il deputato della Commissione Trasporti della Camera, Massimo Ruspandini. Sia Nicola Zingaretti prima che Francesco Rocca poi hanno detto la stessa cosa. Come il segretario generale della Cisl Lazio Enrico Coppotelli. La Stazione Tav tra Ferentino e Supino è la prima e unica possibilità nel caso in cui Ferrovie dello Stato decidesse di realizzarla: a 800 metri dal casello autostradale di Ferentino, a un passo dalla superstrada, nel cuore dell’area industriale, in modo da immaginare anche uno nodo di scambio intermodale per le merci.
Per arrivare all’obiettivo non servono fughe in avanti ma una visione pragmatica, informata e puntuale della questione. Lasciamo stare i consigli comunali stile propagandistico anni settanta ma chi ha ruoli, competenze e relazioni per costruire un percorso condiviso si metta intorno a un tavolo lasciando a casa primogeniture e bandierine di partito. Sarebbe un buon segnale dal quale partire per riconquistare in centralità perduta e per cominciare a riconsiderare un nuovo rapporto tra questa provincia e le tante false promesse ricevute, a capo chino, negli anni dai palazzi della capitale.