E’ passato in secondo piano, ma l’ultimo Rapporto del Censis spiega la crisi dell’Occidente e della società italiana. E perché il 30% delle persone ritiene l’autocrazia il modello migliore per governare lo spirito dei tempi.
E’ passato in secondo piano. Forse perfino in terzo e in quarto. Ma nel 59° Rapporto del Censis sulla nostra società si rileva che circa il 30% degli italiani ritiene che i regimi autocratici siano più adatti allo “spirito dei tempi”.
“Un dato – è stato spiegato – che riflette sfiducia verso le istituzioni democratiche, stanchezza verso la politica lenta e la percezione di inefficacia, non necessariamente un’adesione all’autocrazia, ma una ricerca di soluzioni rapide a problemi complessi come crisi economica, sicurezza e disuguaglianza, evidenziando un’Italia “stanca e febbrile” che cerca punti di riferimento in un mondo in trasformazione”.
Nell’apposito capitolo, dal titolo evocativo (L’Italia nell’età selvaggia), si legge: “Nel mondo a soqquadro non è l’economia il vero motore della storia. Lo sono le pulsioni antropologiche profonde: antichi miti e nuove mitologie, paure ancestrali e tensioni messianiche, veementi fedi religiose e risorgenti fanatismi ideologici, culture identitarie radicali, desideri di riconoscimento inappagati, suggestioni della volontà di potenza. Molti fenomeni del nostro tempo, che sfuggono alla pura razionalità economica, come le guerre, i nazionalismi, il protezionismo, non si spiegherebbero altrimenti. Il vitalismo irrazionale soppianta la fiducia ragionevole in un illuminato progressismo liberal. Ci siamo inoltrati in un’età selvaggia, del ferro e del fuoco, di predatori e di prede. E il grande gioco politico cambia le sue regole, privilegiando ora la sfida, ora la prevaricazione illimitata. Perciò il 62% degli italiani ritiene che l’Unione europea non abbia un ruolo decisivo nelle partite globali. Il 53% crede che sia destinata alla marginalità in un mondo in cui vincono la forza e l’aggressività, anziché il diritto e l’autorità degli organismi internazionali. Per il 74% l’american way of life non è più un modello socio-culturale, un tempo da imitare e oggi irriconoscibile. Moriremo post-americani? Il 55% è convinto che la spinta del progresso in Occidente si sia esaurita e adesso appartenga a Cina e India. Il 39% ritiene che le controversie tra le grandi potenze si risolvano ormai mediante i conflitti armati, i cui esiti fisseranno i confini del nuovo ordine mondiale. E il 30% condivide una convinzione inaudita: le autocrazie sono più adatte allo spirito dei tempi”.
Per sintetizzare ulteriormente un punto: “L’Italia spende più per interessi (85,6 miliardi) che per investimenti (78,3 miliardi): superano dieci volte le risorse destinate alla protezione dell’ambiente (7,8 miliardi). Il lungo autunno industriale rischia di scivolare nel gelido inverno della deindustrializzazione (non basta l’antidoto del riarmo). E sale la febbre del ceto medio, nonostante l’arte arrangiatoria degli italiani”.
Temi sotto gli occhi di tutti d’altronde. Piccole e medie imprese che sono state l’ossatura del miracolo italiano da anni invece di essere sostenute nell’impari competizione (soprattutto fiscale) con i big del digitale sono sotto attacco: guardate con sospetto, vessate dal punto di vista tributario, compresse nel loro sviluppo da tasse sul lavoro insopportabili. Ma soprattutto abbandonate dalla politica. Forse un po’ meno dal centrodestra meloniano ma non a sufficienza per guardare con ottimismo al futuro.
Un altro aspetto: il 74% della popolazione non ha più fiducia nei partiti. Il 53% degli italiani ha dichiarato di non sentirsi rappresentato da nessun partito. Ce ne siamo accorti tutti considerando le percentuali di affluenza ad ogni tipo di elezione.
Su un’analisi del genere si può reagire in diversi modi. Facendo spallucce, provando ad ignorarla, ripetendo le solite banalità, sottolineare che il disimpegno è sempre sbagliato. Oppure si può provare a capire i motivi che hanno portato a tutto questo. Nel tempo.
La democrazia ha la “febbre” altissima in tutto l’Occidente. Da anni. La crisi della globalizzazione ha impoverito le nostre società sotto tutti i punti di vista. E mentre nel mondo avanzavano nuove superpotenze, l’Occidente non riusciva più a dare risposte sul versante del… benessere. Dove per benessere si intende non soltanto la ricchezza pro capite, ma soprattutto la capacità di assicurare servizi essenziali a tutti: dal welfare alla sanità.
Non a caso il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca ha detto sul palco di Atreju: “Servono nuovi modelli strutturali, incentivare i medici a lavorare nelle sedi disagiate, abbiamo province del Lazio dove i concorsi vanno deserti. C’è la necessità di differenziare i salari e gli stipendi, cominciare a profilare come devono essere remunerati i medici. Serve differenziare i salari per tornare a incentivare le specializzazioni che oggi mancano al Servizio sanitario nazionale: per questo c’è necessità di fare un lavoro sul contratto collettivo. E’ arrivato il momento di mettere mano alla legge Bindi sull’intramoenia. I giovani fanno scelte razionali, guardano alle prospettive future: dobbiamo restituire entusiasmo a chi salva vite. Occorrono riforme perché dobbiamo stare sul territorio, dare ascolto agli operatori, medici e infermieri. Come Regioni dobbiamo fare questo lavoro insieme al Governo, con uno sguardo nuovo sulla sanità”.
Le riforme occorrono in tutti i campi, in ogni settore. Per fare questo non c’è bisogno di meno politica. Anche perché meno di così sarebbe quasi impossibile.
C’è bisogno invece di più “buona politica”. In questi giorni abbiamo visto la partecipazione alla kermesse di Atreju di Fratelli d’Italia conclusa in mattinata dall’intervento della leader Giorgia Meloni. In passato le Feste dell’Unità, ma pure quelle dell’Amicizia, erano comunque un momento di condivisione di comunità di persone. Abbiamo smarrito questo. E le decine di migliaia di persone accorse in questi giorni a Castel Sant’Angelo sono un segnale incoraggiante. Almeno questo. La Politica non è in crisi per l’avvento dell’età dei social, la Politica è in crisi per la sua incapacità (sopravvenuta) di interpretare i tempi. La Politica è in crisi per la demonizzazione di tanti “professoroni” che ne hanno minato le fondamenta delegittimandola ad arte a favore di chi, a tavolino, ha pensato a spartirsi il mondo. Meglio centinaia di migliaia di Mc Donald’s al posto di tanti bar e ristoranti con le tipicità locali…
Non l’hanno visto arrivare. Cosa? La crisi dei valori democratici. E dell’Occidente. Non hanno visto arrivare il nuovo spirito dei tempi. Annebbiati da una rincorsa alla globalizzazione che alla fine potrebbe travolgere tutti…
