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Lo schiaffo di Anagni (di Fiorito a Natalia). Tagliaferri “chiama” Ottaviani, allarme rosso per Ciacciarelli

Licandro Licantropo
Crisi politica ad Anagni. Tre consigli comunali saltati. Massimiliano Tagliaferri si è lasciato alle spalle il “politichese” e a Politica7 ha fatto un’analisi lucida del passato, del presente e del futuro.
Ottobre 12, 2022
Daniele Natalia, sindaco di Anagni

Al Comune di Anagni la crisi politica è già irreversibile: tre sedute consiliari saltate consecutivamente non sono un caso isolato. Rappresentano invece la difficoltà ormai sistematica del sindaco Daniele Natalia di avere una maggioranza in aula. Quello che succederà è scritto… nelle stelle: può darsi che Natalia si dimetterà, può darsi che proverà a “resistere”, può darsi che venga sfiduciato. Comunque vada, un fatto è evidente: la contrapposizione frontale con Franco Fiorito. L’ex capogruppo regionale del Pdl si è messo di traverso da mesi. Non è ancora chiaro se vorrà ricandidarsi a sindaco in prima persona, ma è sicuro che non sosterrà Natalia e che guiderà un suo schieramento. Tra i due litiganti, sarà il terzo a godere? Certamente Alessandro Cardinali, vicepresidente della Provincia e politico scaltro, da tempo ha capito che lo schema del Campo largo non “tira” più. Sta lavorando ad una coalizione fortemente caratterizzata da due elementi: civismo e trasversalità. Poi c’è il dato politico, importante, perché Anagni è un Comune di prima fascia: il centrodestra non è soltanto spaccato. Non si confronta, non comunica ed è impossibile convocare perfino un tavolo. Daniele Natalia è uno dei tre subcommissari provinciali di Forza Italia, nell’ultimo anno e mezzo a sostenerlo è stato soprattutto Fratelli d’Italia. In altri tempi la coalizione avrebbe fatto scattare la blindatura. Oggi è impossibile e in questo quadro uno come Franco Fiorito fa ciò che vuole. L’autunno della Città dei Papi è denso di nubi.

COSA SUCCEDE NELLA LEGA?

Massimiliano Tagliaferri a Frosinone non è uno qualunque. Da anni nella Lista Ottaviani, nelle scorse consiliature è stato assessore, adesso è presidente dell’aula, ruolo istituzionale di indubbio prestigio. Si è lasciato alle spalle il “politichese” e a Politica7 ha fatto un’analisi lucida del passato, del presente e del futuro. Senza inutili ipocrisie. Ambisce ad una candidatura alle regionali, naturalmente nella Lega, partito del quale Nicola Ottaviani è deputato e coordinatore provinciale. Prende le distanze da un ritorno al passato che stride con la natura politica del Carroccio. Disegna un possibile scenario importante: dare all’area nord della Ciociaria un rappresentante alla Regione Lazio. E chissà, questa alla fine potrebbe essere la strategia anche di Ottaviani. Nel Carroccio il consigliere regionale uscente è Pasquale Ciacciarelli, intenzionato a riproporsi con lo schema solito, che prevede un ruolo politico preponderante del suo mentore, Mario Abbruzzese. Per Massimiliano Tagliaferri, però, c’è un’altra prospettiva: vincere lui , con l’appoggio di Ottaviani, la sfida interna e arrivare al consiglio della Pisana. Cambiando gli assetti della Lega, disarcionando Pasquale Ciacciarelli e disegnando nuovi rapporti di forza.
Adesso il “pallino” è nelle mani di Ottaviani, ma dopo undici anni al servizio della lista civica e della coalizione, Massimiliano Tagliaferri non risponderà “obbedisco” se questo dovesse significare stare in panchina o addirittura in tribuna. Non è tipo. La sua intervista a Politica7 è un “paletto” preciso e invalicabile.

LE REGIONALI E LO SCHEMA DEL PD

Certamente nessuno si aspettava che il senatore e segretario regionale Bruno Astorre potesse fare un’analisi del voto diversa rispetto a quelle delle scorse settimane. Però l’insistere sul Campo largo nel Lazio è una prospettiva nella quale ci sono troppe variabili. Come fa Astorre ad essere sicuro che il Movimento Cinque Stelle sarà ancora della partita dopo che Giuseppe Conte dappertutto si è differenziato dalla posizione dei Democrat? Come fa a scommettere sul fatto che Carlo Calenda (Azione) e Matteo Renzi (Italia Viva) continueranno a fare parte della stessa coalizione dove sono i pentastellati? L’esperienza di Nicola Zingaretti è terminata e quella alleanza ha rappresentato un’eccezione assoluta. La linea di continuità dovrebbe essere garantita da Daniele Leodori se sarà l’attuale vicepresidente il prescelto alla possibile successione. Leodori, più di ogni altro, può mobilitare il popolo degli amministratori locali del Partito Democratico e sicuramente è nelle condizioni di avviare un dialogo con Cinque Stelle da una parte, Azione e Italia Viva dall’altra. Nemmeno lui però può ignorare il quadro nazionale. Dopo le porte in faccia rimediate in campagna elettorale, Enrico Letta ha dovuto prendere atto delle saracinesche abbassate di Conte, Calenda e Renzi perfino sulla proposta di condurre in maniera unitaria l’opposizione in Parlamento. Per la verità il fronte progressista  è spaccato anche nelle piazze dove si sta manifestando contro l’escalation della guerra tra Russia e Ucraina. A fronte di questa situazione, ci vorrà un capolavoro tattico e strategico per trasformare le elezioni del Lazio in un’eccezione.
La vittoria del 4 marzo 2018 fu merito di Nicola Zingaretti, ma quell’effetto è svanito da tempo. Fra l’altro il Pd dovrà prima indicare il candidato alla presidenza della Regione, ma neppure questo passaggio appare semplice. Al Comune di Roma spirano venti di verifica con alcuni consiglieri Dem che vogliono risposte dal sindaco Gualtieri. Tra pochissimo inizierà una fase delicata, che si concluderà con il congresso del partito nel Lazio. Equilibri difficili da salvaguardare.
Per la presidenza della Regione, oltre a Daniele Leodori, restano in campo i nomi di Alessio D’Amato ed Enrico Gasbarra. Il problema è che al momento non si vede chi è nelle condizioni di individuare un percorso condiviso. Solito Pd, solite correnti.

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