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Peste suina, cinquantamila i maiali allevati nel Lazio a rischio contagio. Coldiretti alla Regione: “Fate presto”

Alberto Fraja
A rischio in caso di diffusione del contagio c’è un intero settore di punta dell’agroalimentare made in Italy grazie al lavoro di circa centomila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 20 miliardi, buona parte del quale realizzato proprio sui mercati esteri. 
Maggio 10, 2022

“Erano necessari ed urgenti gli interventi di contenimento contro la diffusione della peste suina, che la Regione Lazio ha attuato con grande tempestività. Ora è di fondamentale importanza procedere con eradicazione degli ungulati fuori dalla zona rossa individuata dalle istituzioni”. 

Così il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri, in riferimento alle prime misure di regolamentazione della Peste Suina Africana sul territorio della Regione Lazio
“Quello della diffusione della Peste Suina Africana attraverso i cinghiali – afferma Granieri – è un rischio che abbiamo più volte evidenziato, così come la necessità della loro riduzione numerica attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 con l’articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. Invece siamo costretti ad assistere all’immobilismo degli enti preposti come quello del parco di Roma Natura, che nella gestione delle aree protette non è riuscita a contenere la proliferazione incontrollata dei cinghiali”.
Nella provincia di Roma secondo una stima di Coldiretti Lazio si calcola la presenza di oltre 20 mila cinghiali per danni di oltre 2 milioni di euro. Gli ungulati oltre a distruggere i raccolti e spaventare i cittadini, rappresentano anche un danno economico concreto per le misure di contenimento della commercializzazione che scattano dopo l’accertamento del contagio.

Sono invece circa cinquantamila i suini allevati nel Lazio a rischio per la peste suina africana (Psa) che è spesso letale per questi animali, ma non è, invece, trasmissibile agli esseri umani e nessun problema riguarda la carne. 
“Siamo costretti ad affrontare una grave emergenza – prosegue Granieri – Sicurezza sanitaria e sicurezza pubblica siano la priorità nelle scelte”. A rischio in caso di diffusione del contagio c’è un intero settore di punta dell’agroalimentare made in Italy grazie al lavoro di circa centomila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 20 miliardi, buona parte del quale realizzato proprio sui mercati esteri. 
“Un settore, che peraltro ha già subito gravi perdite – conclude Granieri – a causa della pandemia  con le quotazioni dei tagli destinati alla stagionatura in calo a causa del crollo della domanda horeca con il lockdown”. Successivamente hanno dovuto fare i conti con l’aumento del costo delle materie prime, anche a causa delle ripercussioni del conflitto in Ucraina
“E’ evidente che bisogna intervenire con la massima urgenza per contenere un’epidemia che rischia di dilagare portando con sé una serie di problemi che si ripercuotono inevitabilmente sul futuro delle aziende. Ecco perché è necessario procedere con l’eradicazione fuori dalla zona rossa individuata dall’ordinanza”. 

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