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“Pochi medici e aumento di accessi: ecco perché i pronto soccorso spesso vanno in tilt”

Cesidio Vano
In Consiglio, l’Assessore D’Amato illustra le criticità delle strutture di emergenza-urgenza
Maggio 25, 2022

Carenza di personale medico specialistico e consistente aumento della richiesta di prestazioni anche se per casi di non grave entità. L’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, sintetizza così la criticità dei pronto soccorso del Lazio che, purtroppo, finisce per causare tutta una serie di spiacevoli episodi, come il bocco delle ambulanze presso i Ps del territorio per le difficoltà del cosiddetto ‘sbarellamento’ o come il sovraffollamento delle stesse strutture di emergenza.

Un quadro, non certo esaltante, sullo stato di ‘salute’ – è propri il caso di dirlo – dei pronto soccorsi regionali è stato tracciato da D’Amato in occasione del question time che si è svolto presso il Consiglio regionale la scorsa settimana, quando il componente della giunta Zingaretti ha fornito, con dovizia di numeri, risposta all’interrogazione del capogruppo di Forza ItaliaGiuseppe Simeone, concernente proprio la situazione di ‘collasso’ che spesso si registra presso i reparti di emergenza della rete ospedaliera del Lazio.

“Negli ultimi due anni – ha speigato D’Amato – abbiamo avuto, con la fuoriuscita dalla pandemia, un aumento degli accessi, in particolar modo quelli codificati con i codici di più alta complessità, i codici 1, 2 e 3, che sono gli ex codici rosso, arancione e azzurro. Siamo passati da 52.000 a 62.000 accessi per il codice 1, a 187.219 per il codice 2 e a 422.493 per il codice 3. Rimangono costanti, seppur con un aumento, i codici a più bassa complessità. In particolar modo si conferma ancora il codice verde come il codice con cui si accede maggiormente nei reparti e nelle strutture dei dipartimenti di emergenza-urgenza, con oltre 550.000 accessi. A fronte di questa tendenza abbiamo avuto – sempre dati forniti dal sistema SIES dell’emergenza – un contenimento del numero dei pazienti che devono accedere entro 15 minuti da oltre il 30 per cento a circa il 20 per cento e una riduzione della percentuale di pazienti da valutare entro 60 minuti dal 95 per cento al 55 per cento”.

L’assessore sottolinea la “netta distinzione tra coloro che accedono per un pericolo di vita e coloro che, invece, accedono come codici bianchi e che hanno un elemento di sosta nel dipartimento di emergenza-urgenza sicuramente più lungo”. Per fronteggiate tale situazione, l’assessorato alla Salute sta utilizzando al meglio le risorse stanziate con ik decreto legge n. 34/2020 per fronteggiare l’impatto dell’epidemia sulla sanità e sul piano sociale. “Entro la fine dell’anno – ha assicurato D’Amato – tali risorse saranno utilizzate al 65 per cento, per potenziare in un numero complessivo di 700 posti letto di terapia intensiva e subintensiva in tutte le strutture”.

La maggiore complicazione, però, ha natura nazionale e concerne la difficoltà di reperire medici con la specializzazione di emergenza-urgenza, perché ce ne sono pochi e perché l’attuale quadro economico -giuridico in cui si trovano a operare non ne incentiva la formazione.

“Nonostante in molte circostanze si effettuino procedure concorsuali, queste procedure concorsuali molte volte vanno deserte – ricorda l’assessore -. Per cui, c’è un grande tema, da un lato, di formazione di questi medici e, dall’altro, di fare in modo che a livello contrattuale nazionale possa essere riconosciuto a questi professionisti che faranno tutta la loro carriera all’interno della struttura di emergenza-urgenza, a differenza di altri professionisti che hanno carriere differenziate e possono avere altre aspettative, ma lo specialista di emergenza-urgenza farà dal primo suo giorno, all’ultimo suo giorno all’interno della struttura di PS, con evidenti complicanze. La paga è sempre la stessa, cioè colui che non sta nel pronto soccorso ed entra come dirigente medico e colui che invece svolgerà tutta la sua attività professionale nel pronto soccorso sono parificati allo stesso livello”.

Infine, D’Amato ha ricordato i protocollo d’intesa sottoscritti con la Società italiana di medicina d’urgenza e con Cittadinanzattiva, come una delle realtà che tutela i diritti del malato, per agevolare la soluzione del problema: tramite l’acquisizione di personale non ancora specializzato nella disciplina di Emergenza- urgenza o equipollente, indipendentemente dall’anno di frequenza, al fine di stipulare contratti, la cui durata non possa superare quella residua del corso di formazione specialistica, finalizzati esclusivamente alla gestione dei codici minori, dei codici verdi, dei codici bianchi; tramite la disponibilità di personale medico di nuova acquisizione, la cui disciplina di inquadramento sia equipollente alla disciplina di Emergenza, chirurgia, accettazione e urgenza, durante il periodo di prova svolga il servizio, dalla durata minima di sei mesi continuativi, all’interno dei PS – questo vale per tutte le discipline equipollenti –; tramite la richiesta al Ministero dell’Università e della Sanità dell’aumento dei posti di specializzazione e dell’obbligo per tutti gli studenti di Medicina di svolgere un periodo di tirocinio di 12 mesi presso le strutture di emergenza e urgenza”.

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