Cala il numero dei processi pendenti in Corte d’appello di Roma, anche a fronte di una riduzione dei tempi medi di durata dei procedimenti. Sono i dati principali emersi dalla relazione del presidente della Corte d’appello di Roma, Giuseppe Meliadò, proferita in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.
Nel 2024 a Roma in Corte d’appello si è registrato “un arretrato di 41.778 processi che, imporrebbe interventi straordinari, tali da far superare il divario incolmabile con altre corti, nessuna delle quali, se si eccettua Napoli, supera le 10.000 pendenze”, ha detto Meliadò. Tuttavia, nonostante l’alto numero, “per la prima volta l’arretrato scende nettamente, nel settore penale, sotto la quota di 50 mila fascicoli e precisamente si arresta a 41.778 processi con una ulteriore riduzione a fine anno a 39.682 processi, con una inversione di tendenza di sicuro rilievo” anche in considerazione del fatto che “i processi prescritti” nel 2024 ammontano al “32 per cento dei processi definiti, laddove sino a pochi anni fa superavano il 50 per cento”. Questo anche a fronte di una riduzione dei tempi medi di durata del 9 per cento, dove si passa dai 1.212 ai 1.127 giorni. Diminuiscono del 7,6 per cento anche le pendenze degli affari civili e del 18 per cento quelle del lavoro.
ORGANIZZAZIONI CRIMINALI IN CRESCITA
Nonostante questo, però, i tempi restano lunghi e Roma, che è un tempo la Capitale del Paese e il suo più grande aggregato metropolitano sta progressivamente diventando il coacervo di tutte le mafie e di tutte le forme di criminalità e la percezione di tale emergenza stenta ad andare di pari passo con la velocità con cui si radicano e si diffondono le organizzazioni e le pratiche criminali”. In questo contesto il presidente Meliadò ha rilevato che a Roma spicca il dato “della criminalità organizzata con la massiccia presenza di associazioni a delinquere anche di stampo mafioso sia nella città di Roma che nei territori di Velletri, Latina, Cassino e Frosinone, che rende gli uffici romani comparabili a quelli delle capitali storiche della associazioni criminali del Paese” ma anche quello relativo ai procedimenti per “violenza familiare e nei confronti delle donne, che rappresentano quasi il 32 per cento dei procedimenti di rito collegiale pervenuti a giudizio presso il Tribunale di Roma e che hanno determinato l’afflusso presso la Corte di oltre mille processi”