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Quel dibattito mediocre senza alcuna capacità di volare alto

Massimo Pizzuti
E’ questo l’aspetto più desolante del quadro politico a poche settimane dalla levata di scudi sul caso Catalent, a pochi giorni dalla presentazione delle liste per le comunali di Frosinone e nell’ultimo anno di legislatura per il Parlamento e di consiliatura per la Regione Lazio
Maggio 8, 2022

Una provincia dove il dibattito non decolla. E’ questo l’aspetto più desolante del quadro politico a poche settimane dalla levata di scudi sul caso Catalent, a pochi giorni dalla presentazione delle liste per le comunali di Frosinone e nell’ultimo anno di legislatura per il Parlamento e di consiliatura per la Regione Lazio

Il dibattito non decolla perchè lo scopo della politica è quello di curare per bene il proprio orticello e di posizionarsi in vista dell’appuntamento successivo. Non decolla perchè le altri classi dirigenti, quella imprenditoriale soprattutto, o per stanchezza o per convenienza, preferiscono mantenere il profilo della proposta e della critica sempre sotto la soglia di sicurezza e del quieto vivere.

E quando il dibattito non decolla scarseggiano le idee, ci si limita all’ordinaria amministrazione e si rimandano gli appuntamenti per la crescita e lo sviluppo del territorio.

In una provincia ormai minacciata concretamente dalla desertificazione visto che non riesce a trovare le chiavi necessarie per uno sviluppo armonico e sostenibile. I cento milioni persi con il mancato investimento di Catalent sono la punta dell’iceberg di un fenomeno, quello dell’eccessiva burocratizzazione, che dura da decenni.

Aggravatosi con la vicenda del Sin ma ormai strutturato culturalmente in una pubblica amministrazione che ragiona con i parametri di trent’anni fa. Quando il mondo, le idee, la loro messa in campo, il successo e l’insuccesso avevano cicli molto più lunghi e controllabili. Oggi chiedere a un’azienda di aspettare tre anni per un’autorizzazione significa dirle di andare altrove o di rinunciare a mettere in pratica ciò che aveva in mente.

E francamente appare di un’altra epoca anche il dibattito per le comunali di Frosinone. Fino ad oggi si è parlato ancora di ascensore inclinato (opera che risale a più di dieci anni fa e si discetta ancora su colpe, responsabilità, mancate manutenzioni), di debiti trovati e/o risanati, di acquisti e/o affitti della ex Banca d’Italia, come se tutto questo cambiasse di un millimetro la probabilità che domani qualcuno decida di venire a stabilirsi da queste parti o se, ancor meglio, che un giovane in più decidesse di rimanerci, impiantando qui famiglia e futuro.

Si continua a ragionare volando troppo basso. Senza mettere al centro dei programmi (che vedremo meglio nei prossimi giorni) un sogno al quale aggrapparsi. Un’idea sulla quale rafforzare il senso di un’appartenenza e l’orgoglio di essere cittadini di un capoluogo e di una provincia “normale” capace di guardare al futuro senza paura.      

Pensare che l’Italia verrà investita da centinaia di milioni di euro di investimenti nei prossimi anni (quelli del Pnrr) e non avere in campo nessuna opera infrastrutturale importante (di quelle capace di cambiare le sorti di un territorio) riguardante la nostra provincia equivale ad un fallimento annunciato di cui vedremo gli effetti nei prossimi anni.

Se i rumors riguardanti la stazione dell’alta velocità di Ferentino che pare non compaia proprio nel piano pluriennale degli investimenti di Ferrovie dello Stato fossero confermati, se la favola dell’aeroporto di Frosinone (nonostante la buona volontà di Aparf) rimanesse tale come in fondo lo è stata per dieci anni, sarebbe davvero difficile scorgere il punto di ripartenza di tutto un territorio. Dove si continuerà soltanto con l’eterna lotta per la sopravvivenza. Rinunciando definitivamente a qualsiasi salto di qualità.    

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