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Riforma entro l’estate prossima e al voto nel 2026. A Latina si guarda alle provinciali del dopo Stefanelli

Marco Battistini
Dicembre 12, 2024

Riforma delle Province più vicina. Ma alle urne solo nel 2026. Il governo andrà quindi avanti con il disegno di legge delega di riforma del Testo unico degli enti locali perché serve un quadro organico di regole a beneficio dei cittadini. Il ddl dovrà essere approvato entro il primo semestre del 2025 per definire l’assetto normativo delle nuove province e mettere nero su bianco cosa i nuovi enti intermedi, archiviata l’esperienza della legge Delrio, dovranno fare. Mentre per le risorse necessarie a gestire le nuove funzioni provinciali bisognerà aspettare la Manovra 2026. È questa la roadmap tracciata dal ministro dell’interno Matteo Piantedosi intervenuto alla giornata conclusiva dell’Assemblea dell’Upi che martedì ha eletto come nuovo numero uno il presidente della provincia di Bergamo Pasquale Gandolfi.

ITER DA COMPLETARE

Facendo un po’ di conti è auspicabile che l’iter si concluda tra la primavera e l’estate 2025. A quel punto se tutto andrà per il verso giusto già nel 2026 si potrà andare al voto per i nuovi enti intermedi, che come prima della riforma del 2016 saranno dunque enti di primo grado, con le urne a designare il presidente della giunta e i componenti del Consiglio provinciale. Servirà una prova di compattezza del centrodestra, specie nella seconda votazione in ciascuno dei due rami del Parlamento: in seconda lettura, infatti, è necessario che il provvedimento passi con la maggioranza assoluta, addirittura di due terzi di ciascun ramo per evitare l’eventuale ricorso al referendum, strada quest’ultima resa invero piuttosto impervia dalle norme (richiesta entro tre mesi, sottoscritta da almeno un quinto dei componenti di una Camera, o da cinque Consigli regionali o, ancora, da mezzo milioni di cittadini).

PROBLEMA RISORSE

Uno degli aspetti più controversi della riforma ha riguardato la questione finanziaria. Già prima dell’approvazione della legge Delrio, le Province avevano subito una progressiva riduzione delle risorse, con un drastico impatto sulla loro capacità di operare. Con la riforma, il quadro è ulteriormente peggiorato, lasciando questi enti con competenze tutt’altro che marginali ma con risorse economiche inadeguate. La gestione delle strade provinciali e la manutenzione dell’edilizia scolastica, per esempio, sono ancora di competenza delle Province, ma spesso mancano i fondi necessari per garantire un servizio efficiente e sicuro. La mancanza di risorse ha generato un’incertezza gestionale che ha avuto ripercussioni dirette sui cittadini. Per questo motivo, diversi disegni di legge giacciono in Parlamento con l’obiettivo di riformare ulteriormente il sistema delle Province, ridando a questi enti una maggiore stabilità finanziaria e un quadro normativo più chiaro.
Alla luce degli investimenti del Pnrr e delle sfide di pianificazione territoriale poste dalla transizione ecologica e digitale, diventa urgente ridefinire il ruolo delle Province. Questi enti possono giocare un ruolo fondamentale nell’implementazione dei progetti legati al Pnrr, fungendo da coordinatori tra livello locale e centrale, e promuovendo politiche integrate di sviluppo economico, sociale e ambientale. Tuttavia, senza un adeguato supporto normativo e finanziario, rischiano di rimanere enti incapaci di incidere realmente sul futuro dei territori. Occorre rivedere il sistema di finanziamento delle Province, dotandole di risorse certe e adeguate alle loro competenze.

SCENARIO PONTINO

Ragionevolmente, spiegano fonti di governo ai massimi livelli, si andrà alle urne per tutte le province che fanno parte delle regioni a statuto ordinario nella primavera del 2026. A Latina si guarda con fiducia a questa scadenza. Soprattutto il centrodestra spinge per la riforma. FI insieme a FdI sono pronti al voto popolare, che sancirebbe la conferma di un duopolio incontrastato nel territorio pontino. L’attuale disegno di legge prevede che le province siano composte da tre organi governativi principali: un presidente, una giunta provinciale nominata dal presidente e composta da un massimo di otto assessori, e un consiglio provinciale di 20-30 componenti (sempre con il numero variabile a seconda della popolazione). Il presidente della provincia dovrebbe essere eletto direttamente dai cittadini tramite il sistema dei collegi plurinominali, con cui ogni partito può presentare una lista di candidati e l’assegnazione dei seggi avviene con metodo proporzionale, cioè in base ai voti ottenuti. Per essere eletto al primo turno sarà necessario raccogliere almeno il 40 per cento dei voti totali, altrimenti si andrà al ballottaggio. 

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