“Specializzandi trattai come animali da soma: caricati di compiti spesso impropri e con turni massacranti, il tutto a scapito di un’adeguata formazione”. E’ la sigla sindacale UGL Salute a protestare contro la scelta, sempre più ricorrente, di affidare a medici ai primi anni di specializzazione incarichi di elevata responsabilità per visite, diagnosi, in sala operatoria o per assegnazioni di terapie, ancor prima che abbiano potuto completare la necessaria formazione post laurea.
Una scelta che colpisce anche la sanità del Lazio e che, se in un primo momento, ha trovato negli ultimi due anni segnati dalla pandemia da coronavirus un fertile terreno emergenziale, in questi giorni resta una pratica molto diffusa poiché la carenza di medici ha generato una nuova situazione di allarme.
Secondo i dati della stessa associazione sindacale, entro il prossimo anno, in tutta Italia, ci saranno 40 mila medici in meno, tra pensionamenti e abbandoni volontari, e per molte specialità – a partire da quella di medicina d’urgenza – già ora non è facile reperire nuovi professionisti adeguatamente preparati.
Una situazione di cui ha dato conto la scorsa settimana in Consiglio regionale l’assessore alla Salute del Lazio, Alessio D’Amato, che ha denunciato proprio “la difficoltà di contrattualizzare nuovi medici per rimpinguare gli organigramma dei pronto soccorso del Lazio” con le procedure concorsuali avviate ma molte volte andate deserte. Lo stesso D’Amato ha poi ha dato conto delle iniziative finalizzate – tramite apposite convenzioni – ad utilizzare nei pronto soccorso del Lazio medici ancora specializzandi – benché per la trattazione dei soli casi non gravi – per alleggerire il carico di lavori dei sanitari che operano nelle strutture di emergenza-urgenza di tutta la regione.
“La sanità italiana precipita sempre più verso il fondo, tra annunci e promesse non mantenute – protesta, invece, Gianluca Giuliano, segretario di Ugl Salute -. I pazienti sono vittime di un sistema che non garantisce più assistenza adeguata e non certo per colpa di chi è in prima linea troppo spesso vessato, svilito, privato delle armi per prestare la propria opera. Nella enorme schiera di professionisti umiliati ci sono anche i medici specializzandi. Invece di essere formati adeguatamente sono ormai trattati come animali da soma, caricati di compiti spesso impropri e sottoposti a turni massacranti spesso non in linea con le loro competenze”.
E’ il grido di allarme che arriva dagli ospedale e la realtà dei numeri sul personale a disposizione a rendere ancora più urgente la situazione.
“Entro il 2024 – dicono dalla sigla sindacale – sono previsti, per pensionamenti e abbandoni volontari, 40.000 medici in meno. Se il Ministro Speranza, la politica e le istituzioni credono che la traballante sanità italiana possa reggersi solo sull’opera meritoria di questi giovani professionisti specializzandi, sbagliano di grosso. Facessero un giro, senza farsi annunciare per avere la ribalta delle televisioni, negli ospedali. Troverebbero medici ai primi anni di specializzazione a cui viene delegata la responsabilità di visite, di diagnosi, di compiti non consoni in sala operatoria, di assegnazioni di terapie. Sfruttati e messi professionalmente a rischio, in tanti abbandonano le borse di studio. Così in un momento dove il collasso dei Pronto Soccorso, con pazienti accalcati in stanze simili ad un girone dantesco se non parcheggiati all’esterno sulle ambulanze in attesa di essere visitati, è certificato quotidianamente, la schiera dei medici ospedalieri del domani viene allontanata dalla professione acuendo una crisi profonda. C’è bisogno di un cambio di rotta repentino, coraggioso. Non basta aumentare, per gli specializzandi, il numero delle borse di studio. Serve garantire loro un percorso formativo di alto livello – dicono dall’Ugl -, che rispetti i tempi della loro crescita professionale all’interno di strutture dove imparare e curare siano la base per costruire la nuova schiera dei futuri professionisti”.