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Scoperte telecamere-spia nell’ufficio del governatore Rocca, potrebbero risalire ai tempi di Marrazzo

Cesidio Vano
Il ritrovamento è avvenuto per caso: mentre una ditta di lavori stava ristrutturando il nono piano della sede della Giunta regionale
Aprile 20, 2023
Il palazzo della Regione Lazio

Il ritrovamento è avvenuto per caso: mentre una ditta di lavori stava ristrutturando il nono piano della sede della Giunta regionale in via Cristoforo Colombo a Roma.

Otto telecamere nascoste, rinvenute nell’ufficio del presidente della Regione, Francesco Rocca; in quello dell’assessorato alla Sanità e nella sala riunione della giunta. Era già accaduto a Renata Polverini nel 2011 e a Nicola Zingaretti nel 2014, perché se nei palazzi della politica si pensa di trovare scheletri in ogni armadio, in quello della Regione Lazio c’è di certo una microspia in ogni intercapedine.

Otto telecamere di vecchia generazione, forse dell’epoca di Marrazzo

Lo scorso 7 aprile il primo rinvenimento, nell’ufficio del neo-presidente, poi gli altri nei giorni successivi fino a giovedì 13. Alcune telecamere erano inserite in mezzo ai sensori anti intrusione e non erano attive. Per i carabinieri che stanno conducendo le indagini, dopo che la Regione ha presentato denuncia per il materiale rinvenuto, si tratterebbe di dispositivi tecnologici molto datati e probabilmente vecchi di una decina d’anni: potrebbero stare lì dal tempo di Piero Marrazzo (così da confermare la tradizione decennale delle ‘spie’ in via Cristoforo Colombo).

Ad ogni modo gli investigatori si stanno muovendo per venire a capo della vicenda e capire chi stesse spiando chi e perché. Stando a quanto è trapelato, i dispositivi di videoripresa erano stati posizionati in modo tale da inquadrare le porte e ‘controllare’ chi entrava e usciva. Ora le microcamere, a tecnologia analogica, saranno analizzate per stabilire quanto erano prodotte e commercializzate e verificare se contengano ‘materiale’ ancora recuperabile.

I precedenti

Nel gennaio 2014, una ‘cimice’ era stata scoperta all’interno del bracciolo di una poltrona nell’ufficio dell’allora presidente della regione Nicola Zingaretti, la scoperta era stata fatta durante un’attività di ‘bonifica’ per garantire la privacy e la sicurezza degli uffici. Si trattava, in quel caso, non di una microcamera, ma di “un apparato elettronico idoneo all’ascolto e alla registrazione” capace di trasmettere e far ascoltare dall’esterno quando accadeva e si diceva nell’ufficio del governatore. Era un apparato “piuttosto artigianale” si disse all’epoca e diverso da quelli in uso alla polizia giudiziaria. Le indagini, ad ogni modo, non condussero a nulla.

Nel 2011, invece, era stata la volta di Renata Polverini, che da un anno si era insediata alla guida della Regione. In quell’occasione furono rinvenute sia microspie (ben tre) e una microcamera. Anche in questa occasione fu proprio un’attività di controlli e bonifica di uffici e corridoi che permise di scoprire le ‘spie’ , una nell’ufficio della presidentessa e una inserita in un intercapedine nei pressi della stessa stanza di lavoro della governatrice.

Nel 2011, il fatto fu anche messo in possibile correlazione con due tentativi di effrazione ipoteticamente finalizzati al furto che la Polverini aveva subito, poco tempo prima, presso la sua abitazione, tanto che l’allora prefetto di Roma dispose la vigilanza fissa sotto la casa della governatrice 24 ore su 24.

All’epoca, la Regione Lazio scoprì (e bloccò) anche l’esistenza di 600 badge anonimi che consentivano l’accesso nel palazzo della regione e 1.200 password non autorizzate per accedere all’intranet dell’ente.

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