Succedono cose strane nella sanità laziale. Da una parte ci sono i medici che, esasperati dalle impossibili condizioni cui sono costretti a lavorare, fuggono all’estero per cercar miglior fortuna e maggior stipendio. Dall’altra c’è la Regione che, per ovviare a tale emorragia, “noleggia” camici bianchi da altre zone del Belpaese. Quest’anno (e siamo ancora a giugno), sono stati consegnati 500 attestati di buon comportamento professionale ad altrettanti professionisti (dati forniti dal presidente dell’Ordine dei Medici di Roma, Antonio Magi). Tali documenti altro non sono che una sorta di “lasciapassare” che consente ai dottori di lasciare la Asl dove hanno lavorato fino al giorno prima.
Il fuggi fuggi dei seguaci di Ippocrate danneggia soprattutto i pronto soccorso. In quelli degli ospedali laziali ne mancano 357. Di qui, come si diceva, il ricorso a medici di altre regioni d’Italia, soprattutto Piemonte ed Emilia Romagna. La Asl Roma 3, per dire, ha appaltato ad una società di Cuneo un “progetto per il servizio di analisi e supporto all’organizzazione delle attività di emergenza e pronto soccorso prodotta dalla srl Fucina Sanità” per una spesa di 58.800 euro. Non solo: la gestione dei pronto soccorso della Asl Roma 5 (23 i professionisti della salute che mancano all’appello) da quasi un anno è stata affidata a una cooperativa di Bologna, la Cmp. Tutto ciò, va da sé, con una inevitabile lievitazione dei costi: l’Asl Roma 5 ha infatti dovuto deliberare la maggiorazione per “un importo di 227.950 euro relativa alla turnistica effettuata dalla cooperativa Cmp nel primo trimestre 2022”. Nell’unico Dea di I livello dell’Asl, a Tivoli, non rimasti solo 9 medici (più quattro neolaureato), solo 8 nel pronto soccorso di Palestrina (più un neolaureato), 5 nel ps i Colleferro (più 4 neolaureati) e 3 a Subiaco. “Affitteranno” cerusici anche per questi nosocomi?