Idee, proposte, ma senza una visione d’insieme. In provincia di Latina manca anche il contrasto storico tra le differenti concezioni economiche di destra e sinistra. Tutto sembra appiattito, in particolare programmi e obiettivi. Manca anche un approccio pragmatico agli indirizzi politico-amministrativi.
SERVE UNO SCATTO SUI SERVIZI LOCALI
Al momento si nota l’assenza della concezione di comunità formata da singoli. Il cittadino come centro di libertà e di diritti, un centro intorno al quale, e in funzione del quale, dovrebbe organizzarsi il potere pubblico in tutte le sue articolazioni. Si tratterebbe di restituire a ciascuno le chiavi del proprio destino attraverso un recupero del diritto di governare sé stessi e la cosa pubblica. Riscontriamo purtroppo l’assenza di un sufficiente livello di accountability, ovvero di capacità delle istituzioni di rendere conto sulle politiche pubbliche e la conseguente capacità di governo e controllo del cittadino. Controllo che il cittadino non ha, né direttamente né tramite i suoi rappresentati, neanche rispetto all’enorme area di produzione ed erogazione dei servizi locali. Il controllo effettivo degli organismi partecipati, che forniscono i servizi, è in mano di fatto a partiti, clientele e reti di potere e manca una misurazione scientifico comparativa della qualità dei servizi. Andrebbero prodotti strumenti di politica pubblica capaci di aprire il governo locale, in grado di accrescere la capacità di contare dei cittadini, anche fuori dai partiti e dai passaggi elettorali.
L’ALLERGIA ALLE NOVITA’
Le liberalizzazioni e l’apertura alla concorrenza dei servizi locali, restituirebbero la scelta agli individui e alle famiglie dell’impresa alla quale affidarsi, e comunque garantirebbero maggiore qualità. Lo stesso criterio di apertura al cittadino dovrebbe essere applicato ai servizi sociali alla persona spostando la scelta dall’amministrazione che oggi seleziona organizzazioni private, cooperative etc. direttamente al cittadino. Eppure liberalizzare i servizi pubblici per ottimizzarne le prestazioni a costi invariati per l’utenza cittadina, potrebbe essere una soluzione. Sarebbe necessario risparmiare, efficientando le spese fisse interne, migliorare la riscossione per abbattere i costi degli accantonamenti a garanzia delle minori entrate, per “liberare” risorse da destinare a spese per i servizi al cittadino. Creare le condizioni per una selettiva riduzione delle tasse locali a vantaggio dei redditi più bassi e delle attività produttive virtuose e quelle più colpite dalla crisi, salvaguardando naturalmente gli equilibri di bilancio. Un metodo nuovo andrebbe dato anche sui servizi sociali e sulla politica della trasparenza amministrativa. Non vigendo quindi un sistema di libera concorrenza le scelte del cittadino risultano indirizzate. Con affidamenti di servizi tramite gara si potrebbe pensare all’istituzione di sistemi di buoni/voucher per le fasce più deboli della popolazione fornendo loro servizi di welfare di prossimità, misure di sostegno alla povertà. Un nuovo sistema di erogazione dei servizi alle persone, disabili, non autosufficienti e all’infanzia, basato sull’autodeterminazione del cittadino utente, sulla sua libertà di scelta e sul calcolo del costo reale dei servizi, anche favorendo la creazione di cooperative di utenti, per metter fine alla mediazione del “cooperalato” che crea illegalità, bassa qualità e lunghe liste d’attesa. Temi e visioni su cui manca un confronto specifico.