Delle due l’una. O il pisquano olandese che s’è fatto installare sotto la pelle 32 chip ha qualche filo del cervello staccato. Oppure siamo al definitivo esordio dell’uomo bionico, quella inquietante e faustiana via di mezzo tra l’uomo e la macchina. Il cyborg gonfio di innesti (protesi meccaniche ed elettroniche) che gli consentono di comunicare attivamente con l’organismo. Il tipetto di cui sopra si chiama Patrick Paumen, ha 37 anni ed è olandese. La ragnatela di microprocessori che s’è fatto cucire sotto la buccia gli consente di pagare, che so, un paio di mutande semplicemente avvicinando la mano al Pos oppure di aprire le porte solo sfiorando un sensore.
Addetto alla sicurezza olandese, 37 anni, Patrick si definisce un biohacker ed è uno dei casi più estremi al mondo di impianto di microchip nel corpo umano.
“La tecnologia continua a evolversi, quindi continuo a collezionarne di più – ha spiegato l’uomo bionico alla Bbc -. Non vorrei vivere senza di loro”.
“Gli impianti – spiega – contengono lo stesso tipo di tecnologia che le persone utilizzano quotidianamente. Dai telecomandi per aprire le porte, alle carte bancarie o quelle per il trasporto pubblico”.
Pensate che comodità. Questa diavoleria può essere utilizzata per pagare un drink sulla spiaggia di Rio, un caffè a New York, un taglio di capelli a Parigi o nel negozio di alimentari sotto casa. Può insomma tornare utile ovunque siano accettati pagamenti contactless. C’è un problema però. Nel caso si debba saldare la prestazione di una prostituta che si fa? Si applica un chip nel sacco scrotale? Un rischio non da poco siccome una delle preoccupazioni che questa frontiera tecnologica ingenera è se in futuro i chip, diventando sempre più avanzati e pieni di dati privati di una persona, vulnerino la privacy di chi li indossa. Detto altrimenti, se queste informazioni sono sicure una persona potrebbe effettivamente essere rintracciata. Nel qual caso il frequentatore di peripatetiche sarebbe immediatamente scoperto. Conviene?