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Sinner e Musetti in finale ad Halle e al Queen’s: sfidano Hurkacz e Paul

Roberto Mercaldo
Giugno 23, 2024
Jannik Sinner, numero uno del mondo

La verde Italia si veste di coerenza e sul verde dei campi da tennis esalta le sue eccellenze.
Detto così è un po’ enigmatico e allora specifichiamo che le eccellenze si chiamano Jannik Sinner (e che al mondo non ce n’è una come lui) e Lorenzo Musetti. Il primo ha raggiunto da “esordiente numero uno del mondo” la prima finale sull’erba della sua vita in quel di Halle, erba tedesca, la stessa che per ora sta mostrando un volto imbronciato a quelli del calcio.
Il secondo è definitivamente uscito dalle sue crisi di tennistica identità, da quel rimbalzare malinconico tra talento cristallino e cadute senza un perché, raggiungendo l’ultimo atto del torneo del Queen’s. Un tennis regale per quel trofeo della regina che gli sarà conteso da Tommy Paul, statunitense che sembra uscito da una serie poliziesca. Paul predica il verbo della verde essenzialità: colpi anticipati, servizio robusto, angoli trovati con naturalezza. Se “Muso” è Michelangelo, l’altro è Tom Wright, o Renzo Piano, fate un po’ voi, purché abbracciate il concetto di una funzionalità elevata a sistema.
Su questa efficienza più tedesca che statunitense si è infranto in semi il tennis di Sebastian Korda, altro tennista che non fa fatica a comprendere i misteri del tappeto verde ma che li svela all’insegna d’una praticità meno manifesta, perché inficiata qua e là da un estro intermittente.
Lorenzino ha invece svolto il compito d’australiano, che non sarà abituale per i nostri maturandi impegnati tra i banchi, ma per un tennista che voglia vincer sull’erba deve esser l’ABC.
Loro, i canguri in racchetta e pantaloncini, hanno fatto dell’erba l’humus naturale e anche se Jordan Thompson non è Rafter, il timore di affrontarli in quello che è il giardino di casa è legittimo.
Thompson ha fatto la voce grossa in apertura di secondo, quando Musetti ha bisticciato col suo talento, andando in cerca di soluzioni improbabili. Poi, però, tutto è tornato come nel set d’apertura, quando il pennello di Michelangelo ha dettato legge e strappato applausi al compassato pubblico inglese, per nulla piccato per quell’intrusione del bello nel giardino un po’ triste dell’imperturbabilità.
Mentre Lorenzo faceva il magnifico in terra inglese, analogo comportamento assumeva Jannik Sinner ad Halle, in Sassonia, città famosa per il suo torneo 500, i cui abitanti di un secolo fa commerciavano salgemma. Quelli attuali sono in massima parte impiegati nell’industria siderurgica, ma due settimane prima di Wimbledon non disdegnano di andare a veder le evoluzioni dei virtuosi della racchetta.
Da quelle parti un certo Roger fu re per 10 volte e adesso i palati son fini. Ha regalato meraviglie Jannik da San Candido, che re di Halle ancora non è mai stato, ma che oggi proverà a farsi incoronare per la prima volta. Contro Zhang, cinese potente e non certo privo di capacità tattiche, Jannik ha risolto il compito in due set, grazie a un break chirurgico nel primo e a un tiebreak impeccabile nel secondo. Stavolta niente terzo, come era puntualmente accaduto contro Griekspor, Maroszan e Struff, avversari tenaci e a caccia di uno scalpo importante.
Per fortuna la capigliatura di Jannik Sinner è ancora al suo posto e oggi proverà a restarvi sebbene il cacciatore sia temibilissimo. “Hubi” Hurkacz, compagno di doppio e amico sincero di Jannik, sogna lo sgambetto che gli riuscì a Miami, nella prima finale 1000 del ragazzo della Val Pusteria.
Sarà un match complesso, ma Sinner ne ha vinti 37 su 40 in questo 2024 che l’ha issato sul tetto del mondo. E allora, niente paura, anche se l’amico polacco serve in modo incredibile e pare addomesticare i fili d’erba anche dove son radi (spelacchiato non poco il Centrale di Halle vicino le righe di fondo).
Due giovani italiani a caccia di gloria, due finalisti sull’erba. Chi l’avrebbe mai detto solo cinque anni fa? E allora cinture allacciate e tutti davanti alla Tv!

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