La tre giorni di Fratelli d’Italia al Milano Convention Center servirà a capire quale centrodestra si presenterà alle elezioni politiche del prossimo anno.
Dopo lo “strappo quirinalizio” Giorgia Meloni ha voluto far intendere bene come la pensa: fra gli invitati ci sono i capigruppo della Lega. Non Matteo Salvini. Neppure Silvio Berlusconi, ma per il fondatore di Forza Italia è scontato visto che ha diradato da tempo le sue presenze in pubblico. Per il Capitano leghista no.
L’appuntamento in programma dal 29 aprile al 1° maggio è fondamentale, anche perché alla vigilia delle comunali il centrodestra mostra crepe enormi, da Verona alla Sicilia. Al punto che lo schieramento compatto al Comune di Frosinone rappresenta un’eccezione.
Frosinone in una virtuosa controtendenza nazionale rispetto ai litigi e alle spaccature del centrodestra
Il nervosismo alle stelle all’interno di Lega e Forza Italia si intuisce dai continui incontri a Villa San Martino tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, impegnati a trovare un modo per frenare la leadership di Giorgia Meloni. Dopo il disastro delle amministrative di ottobre 2021 (da Roma a Milano), il centrodestra avrebbe dovuto convergere su candidati unitari ovunque. Invece è tutto il contrario.
A Verona il candidato sindaco di Fratelli d’Italia, Federico Sboarina, sarà sostenuto anche dalla Lega. Non da Forza Italia, che preferisce Flavio Tosi. In Sicilia, tra Palermo e Messina si sta consumando una resa dei conti micidiale. A Messina, per esempio, Forza Italia sta con l’ex assessore regionale Maurizio Croce, mentre la Lega con Federico Basile, fedelissimo dell’eterno Cateno De Luca. Ma è sulla presidenza della Regione Sicilia che la situazione è già esplosa e rischia di travolgere l’intera coalizione. Lega e Forza Italia non vogliono la conferma di Nello Musumeci.
Ignazio La Russa è su tutte le furie e sta provando a convincere il Governatore a dimettersi anticipatamente in modo da andare al voto subito e non in autunno. Anche per non sganciare le trattative politiche lungo l’asse comunali-regionali. Musumeci però non vuole cedere. Licia Ronzulli (Forza Italia) insiste: “Sul nome per le regionali discuteremo dopo le amministrative”. Giorgia Meloni non ha alcuna intenzione di fare finta di nulla e a Milano, giurano i fedelissimi, si farà sentire. Ma il centrodestra è frantumato ovunque, anche alla Regione Lazio. Un “mostro sacro” come il senatore Claudio Fazzone (coordinatore regionale di Forza Italia) sta seriamente pensando di schierarsi con Daniele Leodori (Pd) alle prossime elezioni (martedì è stato visto a Frosinone al ristorante Tittino insieme a De Angelis e allo stesso vicepresidente della regione. In un altro tavolo Adriano Piacentini con alcuni colleghi, ndr).
Il centrodestra ne uscirebbe a fettine. Fratelli d’Italia può schierare un big come il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida, ma certamente la Meloni non lo manderà al massacro. Coalizione spaccata anche alla Provincia di Frosinone, dove la Lega condivide deleghe e azione di governo del presidente Antonio Pompeo (Pd). Al Comune di Frosinone invece il centrodestra è unito. Merito di Paolo Trancassini e Massimo Ruspandini, segretario regionale e provinciale di FdI. Ma anche del portavoce cittadino Fabio Tagliaferri.
Fratelli d’Italia ha saputo lasciarsi alle spalle l’amarezza e la delusione per lo “schiaffo” dell’estromissione dello stesso Tagliaferri dalla giunta. Merito di un candidato sindaco rispettoso delle prerogative dei partiti come Riccardo Mastrangeli. Merito pure di Adriano Piacentini, che ha tenuto Forza Italia in coalizione nonostante la delusione della mancata candidatura a sindaco e nonostante Claudio Fazzone fosse pronto alla rottura. Nicola Ottaviani, sindaco e coordinatore provinciale della Lega, ha preso atto di tutto questo. Oggi il modello centrodestra alle comunali di Frosinone è un’assoluta eccezione. In controtendenza. Merito di una classe dirigente locale dei partiti che ha saputo ragionare.
L’ira funesta degli industriali. Che ora pretendono certezze
Si continua a discutere sulla mancata presenza di esponenti apicali di Unindustria al vertice regionale sulla Catalent. In realtà erano presenti la direttrice dell’associazione di categoria e alcuni tecnici ambientali. Non il presidente Angelo Camilli e neppure Miriam Diurni, responsabile della sezione di Frosinone. Angelo Camilli, con la lettera a Il Sole 24 Ore, aveva subito fatto capire che per Unindustria la dimensione della vicenda della Catalent è nazionale. Camilli lo ha confermato a La Repubblica: “Dopo Catalent abbiamo chiesto l’intervento del premier Draghi e del ministro Cingolani con una lettera aperta. Il 28 aprile all’assemblea di Unindustria al Teatro dell’Opera, davanti al Capo dello Stato, parlerò proprio delle autorizzazioni non solo ambientali”.
Dal tavolo regionale, convocato da Mauro Buschini, non è emersa alcuna significativa novità. Le stesse dichiarazioni dell’assessore Paolo Orneli e del presidente Nicola Zingaretti non potevano andare oltre la barriera degli auspici e delle buone intenzioni. Resta il fatto che la Catalent ha dirottato altrove un investimento di 100 milioni di dollari, inizialmente previsto ad Anagni. Resta il fatto che nessuna risposta è ancora arrivata dal Ministero della transizione ecologica. Vero sottosegretario Ilaria Fontana? Resta il fatto che la Provincia di Frosinone continua a puntare il dito sulla carenza di personale per via della Delrio. Resta il fatto che la Regione Lazio, al di là delle competenze specifiche, ha un assessorato alla transizione ecologica. Vero assessore Roberta Lombardi? Cosa dovevano andare a fare gli industriali? A legittimare il solito scaricabarile nella logica di chiudere le stalle quando i buoi non soltanto sono giù fuggiti ma probabilmente sono arrivati in Asia?
La novità è che diverse eccellenze chimico-farmaceutiche del distretto del Lazio hanno ricevuto proposte interessanti da Israele: per avviare stabilimenti a Gerusalemme oppure per continuare a produrre qui, ma per lo Stato ebraico. Davanti a tutto questo, può essere una risposta all’altezza quella di convocare i soliti inutili tavoli attorno ai quali non si decide mai nulla e si fanno analisi che nessuno legge? Ha affermato Angelo Camilli: “Mi sembra che non ci sia ancora la consapevolezza per migliorare questa situazione e dare tempi certi di investimenti alle imprese. Oltre a adottare sanzioni davanti a lungaggini evitabili”.
Di sanzioni nessuno parla. Unindustria ha fatto bene a disertare il vertice: questa melassa insipida e autoreferenziale è insopportabile.