Un treno perso. In tutti i sensi. Ieri, Ferrovie dello Stato ha presentato il piano industriale decennale: 40.000 nuove assunzioni e 190 miliardi di investimento dal 2022 al 2031. Quello che nel piano non siamo riusciti a scorgere è però qualsiasi accenno, impegno, stanziamento per la fermata Frecciarossa a Frosinone-Ferentino, che – a dare retta alla narrazione fatta fino a qualche tempo fa – doveva essere non solo confermata ma potenziata.
Oggi, a spulciare tra quei 190 miliardi di opere da realizzare, organizzate in 4 poli di business, ognuno con chiari obiettivi strategici: infrastrutture, passeggeri, logistica e urbano, non si riesce a trovare nulla che possa dare fiducia a speranza per l’alta velocità nel capoluogo ciociaro.
Se tutti i nostri dubbi dovessero essere confermati, sarebbe una cosa gravissima per il territorio. Un’enorme beffa per i cittadini e gli utenti. A ben vedere una sconfitta per i politici locali che sulla fermata Tav hanno in parte tentato – da destra a sinistra – di rafforzare il loro consenso in questa provincia, spesso per meriti che di tutti erano tranne che loro; dall’altra hanno sempre dato le più ampie e piene rassicurazioni.
Si dice che a pensar male si fa peccato, ma viene veramente da temere che, con l’uscita di scena dell’ex amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Gianfranco Battisti, ciociaro ‘doc’ (è originario di Fiuggi), l’attenzione sul nostro territorio da parte di FS sia calata e di molto.
Il prima Frecciarossa si è fermato a Frosinone il 14 giugno 2020. Era una domenica. Una domenica di festa perché la fermata Tav nel Capoluogo ciociaro veniva presentata come foriera di crescita e sviluppo per tutto il territorio. L’arrivo del treno fu celebrato da tutte le autorità locali. Solo per ricordare alcuni nomi, c’erano a salutare la locomotiva, con tanto di taglio del nastro, il sindaco Nicola Ottaviani, il presidente della Provincia Antonio Pompeo, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, l’allora presidente del consiglio regionale Mauro Buschini e proprio l’ad delle Ferrovie dello Stato Gianfranco Battisti. Con loro anche il sindaco di Cassino Enzo Salera, l’allora presidente della Camera di Commercio di Frosinone Marcello Pigliacelli e il vicepresidente di Confindustria Maurizio Stirpe.
Fu una specie di “viaggio inaugurale”. Oggi non vorremmo finisse come quello del Titanic.
Perché, seppure la fermata è ancora attiva con due treni al giorno ed anzi la regione Lazio ha rinnovato il contratto con Trenitalia Long Haul per l’anno 2022 e per 2,6 milioni spesa, l’assenza di programmazione di investimenti per potenziarla e renderla maggiormente funzionale è un handicap che rischia, nel tempo, di mandare tutto in malora e già dal prosiamo anno di non avere più garanzie sul servizio.
Che fine hanno fatto le opere annunciate fino all’altro ieri per la fermata dell’alta velocità prevista a Ferentino?
Proprio quella domenica di giugno 2020, Ferrovie dello Stato annunciava: “Stiamo rivendendo completamente il nostro modello di business. Il progetto di Frosinone significa per noi una grande opportunità. Permetterà alla provincia di entrare nel territorio internazionale”.
Il fragoroso annuncio degli investimenti fatti da Ferrovie con il nuovo piano industriale a noi sembra far più rumore per il silenzio che riserva alla Ciociaria e ai suoi sogni (o illusioni) di crescita e sviluppo anche grazie alle infrastrutture ferroviarie, fino a ieri promesse e garantite, oggi già passate – forse – nel dimenticatoio.