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Stellantis, la deindustrializzazione parte da Piedimonte. Azione propone una conferenza regionale a Cassino sul rilancio industriale

Tarcisio Di Pontecorvo
La fuga dei manager italiani. La grande operazione immobiliare. L’arrivo della piattaforma francese. La politica e i sindaci del territorio assenti
Ottobre 17, 2023
Stellantis Cassino

«In un Paese normale sarebbe innanzitutto il sindacato a chiedere a Elkann di riferire in Commissione parlamentare e ad esigere risposte certe su situazioni gravi come quelle di Stellantis e di Magneti Marelli. Ma l’Italia non è un Paese normale e quindi Landini fugge il confronto in favore di paginate su Repubblica dove parla della crisi dell’automotive senza mai nominare Stellantis»: Carlo Calenda, leader
di Azione, venerdì scorso a Cassino ha rilanciato la sua battaglia per far chiarezza sulla vendita dell’auto italiana ai francesi (altro che intesa al 50%) e sul conseguente blocco delle produzioni (15 in Francia solo 7 residue in Italia) con avvio della vera e propria deindustrializzazione dei siti tricolori.

«Il problema non è l’automotive ma Stellantis – ha ribadito -: inizia il giro nelle città che ospitano gli stabilimenti Fca e Magneti Marelli. Partiamo da Cassino, dove la situazione è veramente molto difficile: dalla fine del 2017, siamo al 62% in meno della produzione e al 30% in meno dei livelli occupazionali. Grandi incognite sul futuro e sulla riconversione elettrica. Tremila operai senza alcuna chiarezza su ciò che accadrà. Una volta era la più grande fabbrica Fiat dopo Mirafiori. Bisogna che questi dati si sappiano a livello nazionale: nessuna fabbrica si salva da sola», ha scandito l’ex ministro.

Allarme rilanciato in sede regionale dal consigliere del Lazio e responsabile Welfare della segreteria nazionale di Azione, Alessio D’Amato: «Sulla grave situazione che sta interessando lo stabilimento Stellantis a Cassino chiederò al Presidente Rocca di convocare una conferenza di rilancio industriale di quest’area, che è assolutamente importante e dirimente per l’intera regione. Sullo stato di fatto della fabbrica ex FCA a Piedimonte San Germano siamo seriamente preoccupati e non si può continuare a far finta di niente, oltre al calo della produzione e dell’occupazione, ci sono le indiscrezioni
sulle operazioni immobiliari all’interno dello stabilimento, il che significherebbe che non c’è un indirizzo di rilancio da un punto di vista industriale, ma semplicemente una. valorizzazione o per meglio dire una speculazione, questo è grave perché significa che si va verso una deindustrializzazione. Su questo presento una mozione in Consiglio per convocare subito a Cassino una conferenza regionale di rilancio industriale». Il riferimento è alla palazzina ed ai capannoni liberati per il restringimento imposto dai francesi all’attività produttiva, ne parleremo avanti.

Intanto la fuga di manager italiani continua dai marchi che erano tricolori (Fiat, Alfa, Lancia e Maserati), i sindacati hanno una convinzione sul destino dei lavoratori (ultimi connazionali rimasti
tra le macerie dell’automotive): “dovranno essenzialmente assolvere agli obiettivi che i francesi indicheranno loro”. Si tratterà – bene che vada – di assemblare pezzi di Peugeot e appiccicarci su la scritta Fiat, o Alfa, o Lancia o Maserati. Un po’ come accaduto con la Fiat Topolino, microcar elettrica Citroen Ami camuffata cambiando solo il logo. Peraltro con la Jeep Avenger sta andando bene: se ne vendono molte perché sembra proprio una Jeep, bella a vedersi (disegnata da italiani, perbacco): ma i contenuti sono tutti del Leone di Sochaux.
“I manager nostrani rimasti a contare qualcosa, dal Lingotto in giù nell’organigramma dei marchi che erano italiani, sono ormai al livello del 50% del totale – azzarda un po’ a spanne un sindacalista, segretario di una delle sigle firmatarie -: ma i francesi non fanno prigionieri e puntano almeno all’80%”. Un’espulsione “etnica” favorita e incentivata per far capire, semmai ce ne fosse bisogno, chi comanda dopo che gli ex proprietari Elkann-Agnelli hanno fatto cassa.

A parlare fuori dai denti è la Fiom-Cgil, unica organizzazione esclusa dalle trattative contrattuali: “Stellantis continua sulla strada di incentivare i lavoratori ad abbandonare l’azienda. Lo fa aumentando di volta in volta gli incentivi e pressando i lavoratori ad aderire imponendo trasferte e peggiorando le condizioni di lavoro”: lo sottolinea in una nota Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e
responsabile settore mobilità. “La pesante riduzione degli organici rischia di mettere in discussione la tenuta degli impianti e delle aree di staff – sottolinea sempre Lodi -: è infine gravissimo che l’azienda abbia scelto di escludere la Fiom-Cgil dal confronto. Una decisione che riporta indietro le relazioni sindacali, e i comportamenti aziendali”. A Piedimonte gli occupati non sono mai stati così pochi: 2850. Nello stabilimento cassinate, come sono arrivati, i francesi hanno tagliato su pulizie industriali, mensa e controlli di qualità. Una “strategia” (si fa per dire) che svela il disinteresse dei nuovi proprietari a vendere auto come Alfa Giulia e Stelvio, che in prestazioni e qualità hanno sfidato le tedesche, perché per questo concepite da Sergio Marchionne. La stessa Maserati Grecale è l’ultima nata dal Piano Italia del manager col maglione.

Nel futuro ci sarebbe l’elettrico e l’arrivo della piattaforma tutta francese BEV flessibile STLA Large. Un altro passo verso ulteriori tagli allo stabilimento. La stessa Stellantis spiega in una nota che la piattaforma dovrà “riuscire a raggiungere i nostri audaci obiettivi legati al costo e alla qualità”. Sugli “audaci tagli” già ci siamo ampiamente: i francesi hanno da subito tagliato in Italia mentre saturavano impianti nel loro Paese. Quanto alla “qualità” non potrà che essere quella delle auto francesi che non sono mai state, a memoria e in linea di massima, le prime di nessuna classe motoristica.
Tornando allo stabilimento di Piedimonte, la cura dimagrante – come accennavamo sopra – ha portato allo svuotamento completo della palazzina uffici (del resto pure il Lingotto è ormai un centro commerciale: Parigi decide tutto). Svuotati anche due capannoni, riducendo da due ad uno sia i reparti di lastratura che di verniciatura. Sono unità immobiliari che potrebbero essere affittate o vendute. Uno scandalo industriale in piena regola, se non fossimo un Paese sottomesso. Pure ai mediocri. Dove la politica tace e perfino di conferenze dei sindaci locali non si ha traccia. Lontani i tempi
dell’Abate D’Onorio e dei suoi viaggi a Torino.

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