In un’intervista al Corriere della Sera Carlo Calenda ha voluto rimarcare questo concetto: “Le alleanze non si fanno sulla base delle somme algebriche necessarie per vincere e non per governare. Servono idee comuni e nel Lazio le idee comuni vedono noi, il Pd e +Europa alleati”.
Significa che il leader di Azione sa che, nonostante le smentite dovute, nel Pd c’è chi sta continuando a provare a strappare un’intesa al ribasso con i Cinque Stelle. Ma Giuseppe Conte non ha alcun interesse ad una marcia indietro del genere. Perché insistere allora?
In realtà nel Pd ci si sta rendendo conto che la sconfitta nel Lazio è vicina e avrà conseguenze durissime su un’intera classe dirigente. Stavolta il centrodestra ha un candidato, Francesco Rocca, che ha impattato benissimo e che gode del sostegno di tutti i partiti della coalizione. Insomma, ha il vento nelle vele.
CIOCIARIA: LA POLITICA DEI NUMERI
Le elezioni regionali hanno un’impostazione politica. Il voto di opinione peserà, anche se poi ogni elettore dovrà indicare uno o due candidati scrivendo il nome e il cognome sulla scheda, dopo aver barrato il simbolo di un solo partito. Si possono continuare a raccontare le favole, ma le cifre riportano tutti alla realtà. Si eleggono quattro consiglieri in provincia di Frosinone, sulla scorta delle percentuali dei partiti.
Il 25 settembre, giorno delle politiche, è vicinissimo. Cosa mai potrà cambiare? Quel giorno in Ciociaria Fratelli d’Italia ha raggiunto il 33%, mentre Lega e Forza Italia si sono attestate intorno al 10%. Un centrodestra straripante, con il partito di Giorgia Meloni che ha convinto un elettore su tre. Il Pd è rimasto sotto il 14%, non migliorando la già disastrosa performance del 2018.
I Cinque Stelle lo hanno sorpassato con oltre il 16%. Su questi dati innanzitutto stanno ragionando i partiti. Bisogna smetterla con i voli pindarici e le iperboli non suffragate da nulla. Fratelli d’Italia può eleggere 2 consiglieri, Cinque Stelle e Pd 1 a testa. Giochi chiusi? No, perché bisognerà tenere conto dei voti finali di candidati, coalizioni e partiti in tutto il Lazio e nelle singole province. Guardando con attenzione anche al premio di maggioranza che potrebbe regalare alla nostra provincia il quinto consigliere. La Lega si affida ad uno esperto come Pasquale Ciacciarelli, che sa come si prendono tante preferenze. Se la giocherà. Anche Forza Italia può dire la sua in questa provincia. Però i dati di partenza sono quelli evidenziati sopra.
C’è poi il precedente del 2018, quando in provincia di Frosinone a vincere fu Stefano Parisi, del centrodestra. Con 102.129 voti, il 35,7%. Mentre Nicola Zingaretti raggiunse il 31,8% (90.186 voti). Nel centrodestra Forza Italia al 17,6%, Lega all’11,2%, Fratelli d’Italia al 5,6%, Noi con l’Italia-Udc al 4,4%. Ad essere cambiati sono i rapporti di forza interni al centrodestra, non le potenzialità della coalizione.
Nel centrosinistra il Pd al 20,2%. Con i Cinque Stelle (candidata Roberta Lombardi) che già nel 2018 erano davanti: 20,9%. Sulla base di queste considerazioni diventa difficile capire l’euforia di queste ultime settimane per due vittorie arrivate negli enti intermedi grazie al voto di sindaci e consiglieri comunali. Non dei cittadini. Sul piano politico Francesco De Angelis ha ottenuto un risultato notevole, inizialmente all’Egato e poi alla Provincia, ma è il primo a sapere che i consensi della gente sono un’altra cosa.
La realtà dei numeri e dei precedenti è molto diversa. L’ormai famoso sondaggio dell’Izi, commissionato e pubblicato dal quotidiano La Repubblica, contiene un capitolo che in molti hanno rimosso, quello sui partiti. Nel Lazio Fratelli d’Italia è testata al 32,4%, Forza Italia al 5,7%, la Lega al 4,1%. Pd al 18,1%, Cinque Stelle al 16,5%, Terzo Polo al 6,7%. Rifiutarsi di ragionare su questo quadro non ha alcun senso, né statistico né politico.
ESAMI E ASPETTATIVE
I leader provinciali dei partiti sanno che conteranno solo i risultati. Massimo Ruspandini (Fratelli d’Italia) lavora in silenzio da settimane, a stretto contatto con Trancassini e Donzelli. FdI ha la possibilità di eleggere 2 consiglieri regionali, ma dovrà funzionare il gioco di squadra. Lega e Forza Italia hanno una strada obbligata: tirare al massimo con voti e preferenze e raggiungere percentuali più alte delle altre province, per sperare nei celeberrimi “resti”. Il Pd realisticamente ne indicherà uno solo: Sara Battisti o Antonio Pompeo. Resa dei conti assicurata e spostata al congresso nazionale. Il Movimento Stelle può confermare il consigliere. Loreto Marcelli (uscente) dovrà vedersela con l’ex deputata Enrica Segneri. Ma resta irrisolto il tema principale: i pentastellati si vedono soltanto in occasione delle politiche e delle regionali, quando il voto è di opinione. Poi nei Comuni sono ininfluenti e negli enti intermedi non esistono. Proveranno mai ad occuparsi anche dei livelli locali?