“Un boato, un rumore fortissimo, violento, come se stesse esplodendo la casa accanto”. Comincia così, il suo racconto, Luciano Oddi, 81 anni, ciociaro doc trovatosi per caso in Ucraina proprio durante lo scoppio della guerra in atto.
“In realtà – ci racconta con una lucidità quasi invidiabile, considerando la paura e le tensioni che, assieme alla sua compagna, sta vivendo in questi giorni di terrore – mi trovavo in Ucraina per motivi familiari. La mia compagna è originaria di questo Paese, ma sua madre, purtroppo, ultimamente non gode di ottime condizioni di salute. Ragion per cui abbiamo deciso di fare i bagagli e dall’Italia raggiungerla per occuparci di lei. Il clima era già teso, ma mai avremmo pensato di essere bombardati, così, all’improvviso, nel cuore della notte.
A proposito di notte, cosa ricorda di quel giorno?
“Come vi dicevo, abbiamo sentito un rumore assordante e dalle finestre si vedevano nel cielo come delle luci continue e ad intermittenza. Come fosse una piaggia di stelle cadenti, con tutt’altra missione ovviamente… Erano i missili che la Russia aveva deciso di lanciare sul territorio ucraino. Sapevamo che le condizioni in atto lasciavano presagire il peggio, ma con tutta onestà, non credevamo fosse possibile che nel 2022 un popolo considerato ‘fratello’ potesse essere colpito così alle spalle”.
Ricordiamo che l’Ucraina ha un Governo democraticamente eletto, ed è uno Stato che si è autodeterminato. Che opinione, da cittadini italo-ucraini, vi siete fatti della situazione che il vostro Paese, ma ci consenta di dire, il Mondo intero stanno vivendo?
“E’ assurdo anche solo pensarci. Ciò di cui non mi capacito, e forse mai ci riuscirò, è di come, nel raggiungere l’Ucraina non abbiamo avuto alcuna difficoltà, ed oggi stiamo scappando, come profughi, per rientrare in Italia”.
Ci racconti il suo viaggio…
“Il viaggio della speranza… Potremmo davvero definirlo. Il giorno seguente alla dichiarazione di guerra di Putin all’Ucraina, abbiamo deciso, io e la mia compagna, di non perder tempo, considerate anche le condizioni di miglioramento, se così si possono definire, di sua madre, e di raggiungere l’Italia. Ma tutto è stato immediatamente bloccato. Né aerei, né treni, nulla. Non si poteva prendere nulla. Per i primi giorni ci siamo mossi con mezzi di fortuna, poi, abbiamo trovato un pulmino, su cui stiamo viaggiando ancora adesso, che ci porterà fino alla frontiera con la Romania. Lì ci auguriamo di poter prendere il treno e raggiungere velocemente la nostra casa in Italia, in Ciociaria. O forse, chissà, continueremo a viaggiare sul pullman. Davvero non sappiamo nulla”.
Ci scusi l’invadenza. Ma per i bisogni primari come vi siete organizzati?
“Parecchie provviste le abbiamo portate con noi. Siamo abituati a conservare diversi prodotti in cantina, e per fortuna! Considerata la situazione che si è venuta a creare! Problemi li abbiamo invece con i contatti; non è facile raggiungere telefonicamente i nostri cari, far sapere loro come stiamo, dove ci troviamo e quando potremo riabbracciarli. Le reti e i segnali sono tutti oscurati. Qualche sms dal telefonino riesce a partire. E’ l’unica soluzione che abbiamo. Per il resto dobbiamo affidarci alla Provvidenza. Dormiamo nel pulmino, a volte ci fermiamo con molta attenzione e poi ripartiamo per la frontiera. Con noi viaggiano molti connazionali italiani; ci sono per lo più donne e bambini, anche molto piccoli. Ma è straziante vedere la gente che scappa a piedi, con gli aerei militari che sorvolano incessantemente sulle nostre teste”.
Quando pensate di raggiunge l’Italia?
“Non prima di mercoledì prossimo”.
Un viaggio lungo due settimane, in condizioni quasi estreme, assurdo solo il pensarci.
Vengono davvero i brividi nell’ascoltare di persona la voce di un comune cittadino che dall’oggi al domani si è trovato da libero uomo in uno Stato indipendente a profugo in fuga da uno Stato occupato.
I risvolti tragici di una guerra che stavolta però non è scritta su alcun libro di storia.