A volte sembra un romanzo, il cui autore tesse la trama con la speranza di stupire e la certezza d’intrigare. Lo sport è fatto di storie che si somigliano ma anche di treni paralleli, di incompiutezza e di speranze frenate da una bracciata, un nastro o un palo di troppo.
Ieri tanti giovani del nostro movimento sportivo erano attesi alla prova in contesti di eccellenza nazionale ed internazionale. Non tutti i finali sono stati lieti, ma certamente si può esser sodisfatti per quello che i nostri aspiranti fuoriclasse hanno saputo mostrare. A Montecarlo la noia non esiste. Nel Principato c’è il lusso, c’è la vita mondana, ci sono mille coriandoli di bellezza che nascondono ogni paura e ogni bruttura del mondo. A Montecarlo in questa “Settimana Santa” si gioca un torneo prestigioso, che nel gergo viene definito un “mille” (dai punti ATP che toccano al vincitore). Ieri negli ottavi i due superstiti della pattuglia azzurra, Musetti e Sinner, sfidavano Schwartzman e Rublev.
Musetti ha sciorinato un tennis che ha richiamato alla memoria il calcistico Bologna di Bernardini, del cui gioco dissero che fosse possibile solo in Paradiso. I sublimi e fantasiosi tocchi del ventenne toscano hanno trascinato il piccolo rivale argentino sull’orlo del baratro, ma sul 6/3 3/1 in suo favore, qualche meccanismo di è fatalmente inceppato e Schwartzman, che è piccolo di statura ma grande per strategia e tenacia, è salito al volo sul pullman di una gloria ancora restìa a concedersi a Lorenzo il Magnifico. Stesso circolo, campo centrale, un’ora dopo: Jannik Sinner da San Candido porta i suoi pensieri stupendi, le sue gambe da stambecco e la sua vescica sotto l’alluce al cospetto di Rublev, numero 8 del mondo, che ha perso tre posizioni nel ranking ma non la considerazione degli addetti ai lavori. Il primo set risente dell’ inciampo fatale del primo gioco è si chiude 6/4 per il russo. Jannik perde il primo servizio del secondo, reagisce immediatamente e torna a galla (2/1), poi chiede l’intervento medico per quell’alluce che procura dolore e pensieri cattivi. Al rientro in campo è un “tornado”, che spazza via i dubbi, le pause, gli errori gratuiti e tutto quel che valeva l’equilibrio. Rublev si aggrappa all’orgoglio, colpisce la pallina come non ci fosse un domani, corre come un capriolo, ma l’altro è nell’empireo, dove le certezze non sono più minate. Non c’è più storia, Sinner è il solo peccatore felice alla vigilia della Passione.
A Riccione non giocano a tennis: nuotano, nuotano forte perché c’è la Coppa Brema, alias il campionato italiano per club. Nel giorno di gloria dell’Aniene, arrivano le conferme dei due più acclamati: Nicolò Martinenghi e Benedetta Pilato fanno la voce grossa nei 200 e nei 100 rana. La storia però la scrive Francesca Fangio, che nei 200 rana al femminile firma il nuovo record italiano e prenota una stagione estiva di gloria. Altra freccia nell’arco di Cesare Butini, il Mancini della vasca. Finita qui? Per nulla. Dopo l’uscita di scena dell’Atalanta, che le ha buscate in casa dal Lipsia, ci resta solo la Roma, nella Conference, la Coppa meno prestigiosa. Tutti sperano, come Rugantino, che Roma non “faccia la stupida stasera”. Il Bodo Glimt evoca ricordi dolorosi e recenti, ma stavolta c’è un giovanotto che ha voglia di fare la differenza. Sarà la sua notte di gloria. Il Rugantino dei giorni nostri si chiama Nicolò Zaniolo e sul campo mette potenza, tecnica, fantasia. Ì norvegesi sono annichiliti. Nicolò fa tre gol, si porta a casa il pallone e qualche certezza in più. Scende la notte sul Giovedì Santo glorioso dei nostri alfieri. Il capitolo del romanzo si chiude, ma le storie da scrivere sono ancora tante e fascinose.