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Regionali, si vota solo un giorno perché fa comodo al Pd: il 12 febbraio è l’ultimo giorno utile

Cesidio Vano
Il centrosinistra ha atteso il più possibile. Ha preso tempo per capire su quale cavallo puntare e se si fossero potute serrare le fila di una coalizione più ampia possibile. Ma ora il tempo è scaduto e il reggente della Regione Lazio Daniele Leodori deve firmare a stretto giro il decreto per il voto.
Dicembre 1, 2022
Daniele Leodori, vicepresidente e attuale reggente della Regione Lazio

Elezioni regionali, si voterà un giorno solo (domenica 12 febbraio 2023) perché il centrosinistra ha voluto rimandare al più tardi possibile il verdetto delle urne.

Il vicepresidente reggente della Regione Lazio, Daniele Leodori, ha comunicato al presidente del Consiglio regionale, Marco Vincenzi – organismo sciolto dopo le dimissioni del governatore Nicola Zingaretti diventato deputato -, la volontà di andare al voto domenica 12 febbraio. La legge regionale prevede infatti che “Le elezioni sono indette con decreto del Presidente della Regione, sentito il Presidente del Consiglio regionale”.

Il 12 febbraio è però anche l’ultimo giorno utile entro cui tenere le elezioni. Dallo scioglimento del consiglio (avvenuto il 12 novembre) sono iniziati a decorrere i tre mesi previsti dalla legge entro cui si debbono necessariamente tenere le nuove elezioni. Il 12 febbraio, quindi, è proprio il termine tassativo ultimo. Entro quella data le lezioni debbono aver avuto già luogo, come dice la legge elettorale regionale.

Quindi, non è possibile votare anche il lunedì 13, come pure sta chiedendo parte dell’opposizione auspicando più giorni di voto per favorire una maggiore partecipazione di elettori al voto e limitare, così, il sempre più crescente fenomeno dell’astensione. Votare anche il lunedì vuol dire violare le previsioni legislative che vogliono le elezioni già effettuate allo scadere del 90° giorno (la legge usa l’espressione ‘tre mesi’) dallo scioglimento.

Prima il lungo tergiversare di Zingaretti, che dalle elezioni nazionali del 25 settembre ha atteso quasi due mesi prima di dimettersi per incompatibilità alla carica di governatore una volta divenuto parlamentare. Poi la calma serafica e il tira a campare il più possibile del Pd e del Movimento 5 stelle che, a braccetto, hanno guidato il Lazio negli ultimi anni, per capire se fosse possibile, a sinistra, andare ad elezioni “tutti assieme” o separati: ‘campo largo sì’; ‘campo largo no’.

Il centrosinistra ha atteso il più possibile. Ha preso tempo per capire su quale cavallo puntare e se si fossero potute serrare le fila di una coalizione più ampia possibile. I tentativi sono ancora in corso, ma il tempo è scaduto e Leodori deve firmare a stretto giro il decreto per il voto, indicando l’ultimo giorno utile, il 12 febbraio, che ha il pregio di dare ancora qualche settimana di ossigeno in più ai contendenti per organizzarsi e al centrosinistra (allargato al M5s) per manovrare in Regione. Ma ha il difetto di non consentire il voto il lunedì.

Dopo l’annuncio di Leodori che si voterà (è certo ormai) il 12 febbraio, Giancarlo Righini, consigliere regionale di Fratelli d’Italia ha evidenziato come “ogni volta politici e politologi esprimono preoccupazione per la ridotta affluenza alle urne, mi domando perché ci si ostina a limitare le consultazioni elettorali alla sola domenica. Anche le prossime elezioni regionali sembra purtroppo siano destinate a tenersi nella sola data del 12 febbraio, come annunciato dal presidente vicario Leodori. Sarebbe invece opportuno estendere l’apertura dei seggi ad un secondo giorno. Stabilendo qualche ora in più per votare, si garantirebbe una maggiore partecipazione democratica ai cittadini”.

Righini ha senz’altro ragione: due giorni di votazioni consentirebbero a molti più cittadini di recarsi alle urne e l’affluenza sarebbe maggiore. Per fare questo, però, bisognerebbe anticipare le elezioni di una settimana (al 5 e 6 febbraio 2023). Ma questo non accadrà, perché al centrosinistra – che ha il pallino in mano – non fa comodo: primo, perché c’è meno tempo per rivedere strategie e alleanze; seconda cosa, perché la sconfitta alle politiche brucia ancora e vale la pena prendere tempo – primum vivere! – e, visti gli ultimi sondaggi, forse da quella parte non vale proprio la pena incentivare l’affluenza. 

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