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Tutti d’accordo: “Si torna al voto diretto per le Province”

Cesidio Vano
In Senato, Pd, FdI, Lega e FI cercano l’intesa su un testo unificato da portare in Aula: tornano anche le Giunte (con massimo 4 assessori) e le indennità per tutti
Gennaio 26, 2023
La sede della Provincia di Frosinone

“Aridatece l’elezioni provinciali!”. Il coro è quasi unanime in Parlamento, tanto che il Senato ha già avviato l’iter legislativo per giungere ad un testo unitario delle 5 proposte di riforma presentate, che vogliono ri-cambiare le norme sulle province, scritte nel 2014 dall’allora governo Renzi con la famigerata legge “Del Rio”.

La rivincita dei Piccoli Comuni: “Noi ve l’avevamo detto!”

Esultano i piccoli comuni: “Vi avevamo detto che sarebbe stato un disastro!” ha detto ieri, in commissione al Senato, la presidente dell’Anpci, Franca Biglio, che si toglie anche un sassolino dalle scarpe, lanciando una frecciatina all’Anci: “Nella relazione illustrativa si leggeva: “la legge Delrio non chiude il percorso per il rilancio dei territori e delle collettività, ma lo apre”. Che coraggio! E noi a dirlo fin da subito, anche in audizione lo abbiamo detto, che sarebbe stato un disastro, mentre il nostro vicino di banco (l’allora presidente Anci) pregava di procedere velocemente perché sarebbe stata una grande “opportunità”. Questa legge va soppressa definitivamente!”.

Tutti i partiti d’accordo: “Torniamo al testo unico degli enti locali”

A chiedere il ritorno all’elezione a suffragio diretto del presidente della Provincia è praticamente tutto l’arco costituzionale, da sinistra a destra. I 5 disegni di legge al vaglio di Palazzo Madama portano infatti la firma dei senatori del Partito democratico, di Fratelli d’Italia, della Lega e di Forza Italia.

Tutti chiedono la stessa cosa: il ripristino delle norme ancora previste dal testo unico degli enti locali ma accantonate dalla legge Del Rio, che voleva “svuotare” le province in vista della riforma costituzionale Renzi-Boschi, che le avrebbe definitivamente cancellate. Quella riforma, però, fu sonoramente bocciata dai cittadini chiamati al referendum confermativo (con tanto di susseguenti dimissioni del governo) e non se ne fece più nulla.

L’iter iniziato dal 10 gennaio

La I commissione Affari Costituzionali del Senato ha avviato l’esame dei 5 disegni di legge lo scorso 10 gennaio ed ha anche provveduto ad effettuare le audizioni delle associazioni degli enti locali (Anci, Upi e Anpci). Tutti d’accordo, adesso, nel tornare al passato, con presidente e consiglio eletto direttamente dai cittadini e giunta (massimo 4 assessori) nominati dal presidente.

Sì all’indennità di carica: “La democrazia non è uno sperpero”

Tutti d’accordo anche sul reintrodurre le indennità di carica per i presidenti (che comunque non potranno essere più alte di quelle del sindaco del capoluogo) e per gli assessori (un quarto o un sesto di quella del presidente, ancora non c’è l’intesa). Gettoni di presenza a seduta, invece, per i consiglieri.

Sul punto, l’Unione delle Province italiane (Upi) ha ricordato come, già nel 2014, la Corte dei Conti aveva evidenziato che la Del Rio – nata anche sulla scorta della lotta senza quartiere alla Casta, allo sperpero di denaro e agli enti inutili – avrebbe consentito risparmi molto contenuti. “Infatti – hanno argomentato dall’Upi in commissione – il risparmio accertato, dovuto al mancato pagamento delle indennità del personale politico delle province, è stato pari a 52 milioni 473 mila euro” all’anno. L’Upi ha infine ricordato come le indennità per gli amministratori non siano “costi della politica” ma “esercizio della democrazia rappresentativa che allora, come oggi, per le Province vale lo 0,006% del bilancio pubblico”.

Per le Province sì, per le Città metropolitane no

Se l’intesa è piena per le Province, per quanto riguarda le Città metropolitane, l’Anci chiede di non reintrodurre l’elezione diretta del sindaco metropolitano (attualmente lo è di diritto quello della città capoluogo) sia perché la legge prevede che, autonomamente, le Città metropolitane possono, se vogliono, prevedere l’elezione diretta del sindaco, sia perché la Corte costituzionale, in una recente sentenza, ha sottolineato la differenza dei meccanismi normativi legati alle città metropolitane, rispetto a quelli previsti per le province.

Cambiano (forse) anche le regole per i sindaci sopra i 15.000 abitanti

Ma nei 5 disegni di legge al vaglio del Senato non ci sono solo norme sulle elezioni provinciali. Infatti, in alcune proposte si mette mano anche alle regole per l’elezione di sindaci nei comuni con oltre 15.000 abitanti. Attualmente, in tali enti, il candidato sindaco, per essere eletto al primo turno, deve ottenere oltre il 50% dei voti validi, altrimenti si va al ballottaggio. Con la nuova legge si vuole invece dichiarare eletto il candidato che, al primo turno, ha ottenuto più voti, purché abbia raggiunto almeno il 40% dei consensi. Se sono in due ad aver superato il 40% allora sarà eletto sempre quello che ha più voti, in caso di parità di voti è eletto il candidato collegato con la lista o con il gruppo di liste per l’elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato eletto sindaco il candidato più anziano di età. Si andrebbe al ballottaggio solo se nessuno dei candidati avesse raggiunto il 40% dei consensi.

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