“Il Decreto del Primo Maggio taglia di nuovo risorse contro la povertà. Ennesima conferma: la destra è la persecuzione della povera gente”. Lo ha scritto Nicola Zingaretti qualche ora fa. L’ex presidente della Regione Lazio, ancora non pervenuto nella sua attività parlamentare alla Camera (è deputato), ogni tanto si fa notare per prese di posizione del genere. Dopo due mandati e dieci anni di governo, ci si aspettava un suo impegno diverso anche nel Lazio, in campagna elettorale per esempio.
Mentre invece si è limitato a poche iniziative “telefonate”. Guardandosi bene dal sostenere davvero Alessio D’Amato, suo assessore alla sanità. Neppure un cenno al naufragio del Campo largo con il Movimento Cinque Stelle, con Azione e Italia Viva. Di fatto è andato tutto in frantumi e lui, Nicola Zingaretti, magari avrebbe potuto perlomeno fare autocritica sul fatto di aver scommesso su Giuseppe Conte ai tempi del governo giallorosso.
In provincia di Frosinone ricordiamo tutti il suo solenne impegno davanti alla platea degli industriali laziali a Roma, in occasione di un evento di Unindustria.
“Mai più un caso Catalent” disse, promettendo che sarebbero cambiate le regole della perimetrazione del Sin Valle del Sacco. Subito. Regole che la giunta regionale conosceva bene e alla cui stesura aveva contribuito. Successe però che Ilaria Fontana (Cinque Stelle), allora sottosegretario di Stato al Ministero della transizione ecologica, stoppò di forza Zingaretti, ricordandogli che un cambio di rotta non era all’ordine del giorno. Da quel momento in poi non è cambiato niente, se non il fatto che ogni due mesi qualcuno sollecita la bonifica della Valle del Sacco. Meglio se in contemporanea con una delle tante campagna elettorali.
La perimetrazione del Sin ha stoppato ogni attività di programmazione ma anche di insediamento delle imprese in questo territorio. I costi per le operazioni di bonifica sono insostenibili per le aziende, anche quelle di grandi dimensioni. Le regole di misurazione dell’inquinamento (presunto) sono una specie di caccia al tesoro senza fine. Le associazioni di categoria degli imprenditori hanno protestato svariate volte. Nessuno ha ascoltato le loro ragioni. Se non c’è un mutamento vero sarà impossibile procedere con qualunque tipo di proposta. I tempo per ottenere un’autorizzazione (specialmente ambientale) sono incompatibili con le esigenze di chi intende investire e di chi deve pagare gli stipendi ai lavoratori. Se non si capisce questo, è inutile perfino parlare e discutere.
Tutto è bloccato. Figuriamoci un’opera come la realizzazione di una Stazione a servizio dell’Alta Velocità tra Supino e Ferentino. L’unica infrastruttura attorno alla quale si potrebbe prevedere il rilancio della Ciociaria. Il caso Catalent avrebbe dovuto non soltanto fare scuola, ma anche dare una scossa all’intera provincia di Frosinone. Non è successo. Nulla è cambiato, a cominciare dai tempi di attesa per un via libera burocratico.
Nicola Zingaretti potrebbe dire la sua sul Sin della Valle del Sacco e sul perché nulla si sia mosso dopo la sua presa di posizione al cospetto di Unindustria. Invece si limita ad attaccare genericamente la destra “persecuzione della povera gente”.
Intanto, come avevamo preannunciato ieri, il presidente del consiglio Giorgia Meloni, oltre che partecipare alle cerimonie ufficiali all’Altare della Patria, sul 25 aprile è stata molto netta.
In una lettera al Corriere della Sera ha scritto: “Da molti anni, e come ogni osservatore onesto riconosce, i partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo”. Più chiaro di così è impossibile. Adesso non ci sono più alibi per tutti coloro che continuano ad arrampicarsi sugli specchi pur di non ammettere ciò che è sotto gli occhi di tutti: il centrodestra in Italia è maggioranza nel Paese, in tante Regioni e in moltissimi Comuni perché prende più voti degli avversari nel corso di libere elezioni. Il centrosinistra dovrebbe finalmente accettare questo stato di fatto e provare a cambiare schema per essere competitivo. Invece, come dimostra l’ultimo intervento di Nicola Zingaretti, ci sono soltanto luoghi comuni stereotipati e che non portano alcun voto. Nessuno si è chiesto perché dopo dieci anni di governo alla Regione Lazio, alle elezioni del 12 e 13 febbraio scorsi il centrosinistra sia franato in quel modo. E perché invece il centrodestra abbia stravinto. Magari i cittadini hanno voluto bocciare un’azione amministrativa che non ha prodotto alcun tipo di risultato.